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Carceri. Orlando: “Più rispetto per i diritti dei detenuti musulmani”

Il ministro della Giustizia: "Così contrasteremo la radicalizzazione. Impedire la pratica del culto significa innescare una vera bomba"

Roma – 19 febbraio 2015-  Nelle carceri italiane ci sono circa diecimila persone di fede islamica, per la stragrande maggioranza cittadini stranieri. Settanta istituti hanno riservato  loro degli ambienti alla preghiera, ma “bisogna fare di più”, anche perché si stanno registrando “atteggiamenti ostili e conflittuali di detenuti di origine musulmana”.

A sottolinearlo è il ministro della Giustizia Andrea Orlando, secondo il quale tutelare i diritti dei detenuti di fede islamica è anche un modo per contrastare il radicalismo ed evitare che i predicatori d'odio facciano proseliti all'interno dei penitenziari.

“L’effettiva tutela dei diritti fondamentali dell’individuo in generale, e nel carcere in particolare, è un elemento primario di contenimento del rischio di radicalizzazione” spiega oggi Orlando al Corriere della Sera. E cita l'esempio contrario di Guantanamo: “Misure estreme, oltre a violare i diritti fondamentali delle persone, non sono di ausilio effettivo nella lotta al terrorismo globale ma rischiano di alimentarlo”.

Anche gli atttentatori di Parigi e Copenaghen erano stati in carcere. E proprio durante la detenzione avevano rafforzato i loro rapporti con l'estremismo jihadista. Secondo Orlando, bisogna quindi “garantire e far rispettare i diritti, la cui negazione è il primo presupposto del reclutamento radicale. Impedire la pratica legittima del culto religioso significa innescare una vera e propria bomba”.

“Allo stesso tempo, però, – aggiunge il ministro – bisogna evitare che le pratiche di gruppo diventino un mezzo di proselitismo che alimenti il pericolo. La linea di confine è molto sottile, bisogna essere attenti e bravi. Per questo ci stiamo impegnando anche a tessere rapporti con le comunità islamiche e a inserire nel circuito il maggior numero possibile di mediatori culturali”.

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