Nozza "Rotta la cultura dell’inclusione, nel silenzio assordante e colpevole dell’Europa" Città del Vaticano- 9 giugno 2009 – “È una vittoria amara per tutti, sapere che i clandestini, rispediti al mittente, vengono raccolti nei furgoni come cani, bastonati e legati, e trasportati in campi profughi da sorveglianti muniti di maschere per gli odori nauseabondi”. E ancora “è una vittoria amara, se la maggior parte delle donne e molti dei minori vengono ripetutamente violentati; se i container viaggiano nel deserto con il loro carico umano per due tre giorni, senza viveri nè acqua; se ogni anno tre-quattromila persone muoiono perchè abbandonate nel deserto lungo la frontiera libica, e altrettante vengono vendute ai mercanti di schiavi”.
È l’affondo contro i respingimenti in Libia del direttore nazionale della Caritas italiana, don Vittorio Nozza, nell’editoriale del mensile dell’organizzazione ecclesiale -”Italia Caritas”- del mese di giugno. “L’Italia -scrive don Nozza- ha deciso di svolgere il ruolo di battistrada nella guerra all’immigrazione irregolare. È un compito scomodo, perché viene affidato a leggi che riflettono una visione del fenomeno migratorio agli antipodi rispetto al passato”. “Questo ruolo rompe una cultura dell’inclusione mai messa in discussione fino a che i flussi hanno assunto una fisionomia tale da destare allarme. Ed è accompagnato dal silenzio assordante e colpevole dell’Europa”.
Don Vittorio Nozza afferma fra l’altro in riferimento proprio ai respingimenti messi in atto dalle motovedette italiane: “È come se il nostro paese fosse colpito da un virus peggiore di quello messicano: il silenzio della ragione e il trionfo della farneticazione. Le verità che infastidiscono vengono sostituite da falsificazioni di comodo, da smentire magari successivamente. Si radica l’idea che i problemi planetari -la povertà, la fame, l’ingiustizia, la guerra, la società multietnica- non richiedano impegno duro e faticoso per raggiungere soluzioni reali, ma sia preferibile rimuoverli, allontanarli, seppellirli altrove”.
“I poveri -spiega ancora il direttore nazionale della Caritas- con la loro sola presenza, ci ricordano che non si può far finta che il problema di una società giusta con tutti non esista”. Quindi don Nozza osserva: “Ci credevamo al sicuro nel ‘portò, invece dobbiamo ripartire per il mare aperto, dove le cronache raccontano non una suggestiva metafora, ma una realtà drammatica”.
La questione poi è collegata con l’impatto che la crisi economica ha avuto sulla nostra società: “In un momento in cui più di un indicatore sociale mostra un allargamento della forbice che separa i benestanti dal resto della popolazione, l’idea di rinunciare a qualcosa per darla allo straniero, per quanto in coscienza doverosa, può risultare molto scomoda e difficile da fare propria”. “L’Italia -si legge ancora- non diversamente dagli altri paesi ricchi, con la sua peculiarità naturale di essere un prolungamento dell’Europa verso le coste africane, si trova così a dover assolvere a un dovere di solidarietà internazionale di dimensioni indubbiamente grandi, anche se non del tutto impreviste”.
“Non si può pensare di alzare muri -afferma don Nozza- per impedire l’ondata migratoria, quando nel cuore dell’Africa si muore; è naturale che chi fugge non tema nessun ostacolo.” “La polemica politica -aggiunge- semplifica tutto e banalizza, sia illudendosi di fermare l’alta marea delle migrazioni, sia facendo credere che essa sia un fatto ordinario e non un fenomeno epocale. L’impressione è quella di trovarci di fronte a una grande povertà culturale, all’incapacità di cogliere che gli immigrati per noi sono una scomodità che fa crescere”.