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Carrette del mare. Cassazione: “Responsabile anche chi le fornisce ma è assente”

"Rifiuto a partecipare all’azione non è scagionante" Roma, 28 aprile 2010 – Chi mette a disposizione le carrette del mare è responsabile degli "esiti drammatici" che si verificano anche se non partecipa "direttamente all’operazione".

Lo rileva la Cassazione nelle motivazioni con le quali ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione nei confronti dell’armatore pakistano Ahmed Sheik Turab, considerato l’organizzatore del viaggio di migranti che, la notte di Natale del 1996, fece naufragio nel Canale di Sicilia e dove persero la vita 283 clandestini.

Secondo la Prima sezione penale, la circostanza che l’armatore "non fosse presente al momento del duplice impatto non vale ad escludere la responsabilita’ in quanto la distanza frapposta alla parte finale dell’azione non esclude il concorso gia’ efficacemente realizzato in favore dell’evento". La Cassazione, nel ricostruire gli eventi che hanno portato ad una delle piu’ grande strage di immigrati in mare, rileva che l’armatore pakistano "era ben in grado di rappresentarsi l’esito drammatico di quel trasbordo e lo aveva organizzato accettando il rischio dell’evento". Il suo rifiuto "a partecipare all’azione", dicono gli ‘ermellini’ "non era sufficiente ad integrare la desistenza, visto che aveva comunque contribuito all’azione fornendo il battello e coordinando da terra le operazioni senza dare il minimo segno di dissociazione dalla volonta’ dei correi".

Secondo i supremi giudici, "l’elemento psicologico" del reato di omicidio volontario plurimo, come ha sostenuto la Corte d’assise d’appello di Catania, e’ quello del "dolo eventuale e cioe’ della chiara previsione della probabilita’ dell’evento morte per u numero rilevante di clandestini che in quelle circostanze di tempo e di luogo avessero partecipato al trasbordo da un natante all’altro, divenendo irrilevante" che l’armatore "non fosse stato presente all’operazione e non avesse condiviso la decisione finale di abbandonarli al loro destino".

Del resto, rilevano ancora i supremi giudici nella sentenza 16193, "egli non aveva fatto nulla per impedire che l’azione proseguisse ed anzi aveva assicurato il suo aiuto dalla comoda posizione di trovarsi sulla terra ferma".

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