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Case popolari: “Sì all’assunzione di custodi stranieri”

Il giudice: "Per posti tecnico-operativi concorsi pubblici aperti agli extraue". Discriminatorio il bando dell’Aler di Milano Roma – 2 agosto 2010 – Anche i lavoratori extracomunitari possono essere assunti all’Aler, l’ente che a Milano gestisce le case popolari. Escluderli solo perché non sono italiani è una discriminazione.

Venerdì scorso il Tribunale di Milano ha dato ragione a una cittadina equadoregna che non ha potuto partecipare a un concorso per un impiego come custode nelle case popolari perché tra i requisiti c’era la nazionalità comunitaria. La Cisl di Milano aveva presentato a suo nome un ricorso, patrocinato dagli avvocati Alberto Guariso e Silvia Balestro.

Il sindacato puntava il dito contro l’“Avviso di ricerca di personale mediante lo svolgimento di prove selettive”, pubblicato dall’Aler nell’aprile scorso, che poneva come requisito per la partecipazione il possesso “della cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri della Ue”. Il concorso riguardava l’assunzione di tecnici, impiegati, ispettori, operai e 19 custodi. Per uno di questi 19 posti aveva fatto domanda anche una lavoratrice equadoregna, ma la domanda è risultata inammissibile proprio a causa della cittadinanza.

Il giudice, accogliendo le ragioni della Cisl, con una ordinanza depositata venerdì 30 luglio ha osservato che “non può essere invocata la maggiore affidabilità del cittadino italiano o comunitario rispetto allo straniero quando la mansione da svolgere sia tecnico-operativa e non implica l’esercizio di funzioni pubbliche”. Nella fattispecie ha dichiarato la “discriminatorietà del comportamento dell’Aler” e ordinato la modificazione dell’avviso di ricerca, la riapertura dei termini di presentazione delle domande, l’ammissione della ricorrente al concorso, la pubblicazione del dispositivo sul sito e nelle sedi Aler, il pagamento delle spese legali.

“La decisione del  giudice pone fine a una grave e palese ingiustizia. Un datore di lavoro deve scegliere i propri collaboratori in base alle loro capacità, competenze, professionalità. Il colore della pelle o il Paese di provenienza non possono diventare elementi di esclusione e discriminazione” commenta Maria Grazia Bove, segretaria della Cisl milanese.

“La stessa ricorrente – nota la sindacalista – aveva già lavorato per l’Aler, proprio come custode, per conto di una cooperativa. Allora, se sono dipendenti di ‘terzi’ vanno bene? Mi sembra una grande ipocrisia. Oltretutto, oggi anche negli stabili privati buona parte dei custodi ha origine extracomunitaria: non vogliamo gli stranieri, ma spesso ricorriamo a loro per i lavori che gli italiani rifiutano”.

EP

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