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Cassazione: “Più garanzie per chi è nei centri d’espulsione”

"Per la proroghe bisogna sentite l’immigrato". "Trattenimento è simile a detenzione"

Roma – 8 giugno 2010 – Il giudice non può prorogare la durata del trattenimento di un immigrato irregolare in un centro di espulsione senza sentire interessato o il suo avvocato. Lo dice la Cassazione (I sezione civile sentenza 13767), che ha dichiarato ”inefficace il provvedimento di trattenimento”a carico di un cittadino ghanese rinchiuso nel Cie Ponte Galeria, a Roma, in attesa di espulsione.

La Corte sottolinea nella sentenza ”la sostanziale equiparazione fra misura di trattenimento nel Centro di identificazione ed espulsione dello straniero irregolare e misura detentiva”. Questo “determina l’invalidità della proroga disposta dal giudice di pace senza la partecipazione dello straniero medesimo ne’ del suo difensore di fiducia o d’ufficio".

In sostanza, secondo la Cassazione deve essere garantita la maggiore ”tutela” possibile agli immigrati irregolari trattenuti nei Centri di permanenza temporanea. E la tutela, osserva ancora Piazza Cavour, viene garantita soltanto se ”il provvedimento viene trasmesso al giudice senza ritardo e comunque entro le 48 ore” e non senza avere prima ”sentito l’interessato, con cessazione di ogni effetto qualora non sia convalidato nelle 48 ore successive” e con tutte le modalità che diano garanzia all’immigrato irregolare.

La legge sulla sicurezza ha prolungato da due a sei mesi il tempo massimo di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione. Le proroghe vengono autorizzate dal giudice di pace quando il cittadino straniero non collabora alla sua identificazione o quando non arrivano i documenti necessari all’espulsione dal Paese d’origine.

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