Roma, 28 aprile 2013 – In tempi di recessione la parola magica è “riforme a costo zero”. Questa tipo di riforma, come l’araba fenice, che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa.
L’istituzione del Ministero dell’Integrazione e la nomina di Cécile Kyenge è una prova della sua esistenza.
Da oggi è finalmente chiaro a tutti che gli oltre 5 milioni di nuovi italiani chiamati “stranieri” non sono gente di passaggio.
Cécile non è una “seconda generazione”, una figlia di “immigrati” nata e cresciuta in Italia.
Lei è a pieno titolo “immigrata”. Cécile ha deliberatamente scelto di essere italiana, di vivere e crescere in un Pese diverso da quello in cui è nata ed in cui è giunta da adulta. Diversamente da me, lei è italiana per scelta.
Cécile è italiana ed anche “straniera”.
Se le seconde generazioni sono il volto rassicurante dell’immigrazione, Cécile è l’Immigrazione, con tutto il suo carico di energia, di ottimismo, di tensione e conflittualità.
Cécile è italiana e qualcosa di più.
Ecco così scardinato il tradizionale concetto di italianità, realizzando quello che in termini tecnici si chiama “demassificazione dell’identità culturale”.
Da oggi essere italiani e congolesi, romeni ed italiani, italiani e albanesi, filippini ed italiani, peruviani ed italiani, italiani ed ukraini, marocchini ed italiani (insomma avete capito), è un altro modo di essere italiani.
Che questo sia sancito o meno dalla concessione formale della cittadinanza (per carità riformate la legge!), poco importa.
Importa il senso di appartenenza ad una comunità, alla buona e ad alla cattiva sorte di un Paese.
E siccome l’integrazione è un processo biunivoco che richiede il consenso e “l’apertura” di entrambe le parti, nessuna integrazione sarà mai possibile senza il preventivo riconoscimento del valore, della preziosa e fragile unicità, della intima dignità di ciascuno dei milioni di donne ed uomini immigrati in Italia.
Ed è in questo che la nomina del Ministro Kyenge è una “riforma a costo zero”.
Lo hanno ben capito i nostri lettori che scrivono tutti più o meno lo stesso commento: “Finalmente uno di noi!”.
È finalmente il riconoscimento di ciò che da sempre è stato marginalizzato. È il dire che è importante, che è al centro dell’attenzione, che questa è anche casa tua.
Così un pezzo di integrazione è già realizzata! Il resto è in buone mani.
In bocca al lupo e buon lavoro a Cécile!
Gianluca Luciano