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Censis: “Badanti, salvano il welfare, ma sono in nero”

"Il loro lavoro vale 10 miliardi". "I canali ufficiali sono irrilevanti, fantasiosi, inefficaci" Roma – 10 giugno 2008 – Con uno Stato latitante, l’assistenza dei non autosufficienti in Italia sulle spalle delle famiglie, che affidano i loro cari alle badanti. Un esercito di 7-800 mila lavoratrici impiegate troppo spesso in nero, anche a causa delle strettoie imposte dalla legge alle assunzioni regolari.

Lo dice  il Censis, che oggi ha presentato a Roma  dati e riflessioni sul welfare nell’ambito di un incontro dedicato a  “Il sociale non presidiato”.

Il welfare istituzionale italiano, sottolinea l’istituto di ricerca, non riesce a stare al passo con l’invecchiamento della popolazione: “Di fronte alla domanda assistenziale legata alla non autosufficienza, residenze e strutture residenziali sono apparse subito insufficienti sia numericamente, sia come tipologie che come qualità della copertura offerta”.

In mancanza di alternative valide, circa 3 milioni di persone  non autosufficienti vivono quindi nelle case, a carico delle famiglie. Su questa base è nata quella che i ricercatori definiscono "la rivoluzione dell’assistenza low cost, straordinario incontro tra giovani donne provenienti dai nuovi epicentri dell’emigrazione mondiale e anziani italiani bisognosi di cura e assistenza", un processo "spontaneo, dal basso, fatto dei mille rivoli dell’informalità".

Questa informalità si traduce troppo spesso in lavoro sommerso, come dimostra l’esiguità di posizioni Inps, anche dopo la maxi regolarizzazione del 2002. "Dati 2004 indicano che gli iscritti per lavoro domestico sono 336 mila circa – si legge nel rapporto –  per i regolarizzati va notato che nel passaggio dal 2004 al 2007 si è registrato un calo drastico nelle persone impegnate nei servizi alle famiglie pari al -20,8%, a segnare un probabile ritorno al nero, nel sommerso”.

"È piuttosto evidente – sottolinea il Censis – che il numero effettivo di badanti che lavorano in Italia è nettamente superiore a quanto indicato dai dati riguardanti il lavoro regolare. Stime prudenziali consentono di fissarle in 7-800 mila le persone che lavorano in famiglia, il cui lavoro, immaginando una retribuzione regolare e una formazione adeguata, vale annualmente oltre 10 miliardi di euro".

L’istituto punta il dito contro la farraginosità delle procedure per le assunzioni, che cozza con le esigenze immediate delle famiglie. "Rispetto alla concreta realtà dell’assistenza ai non autosufficienti, i canali ufficiali sono irrilevanti, fantasiosi, inefficaci. Questa problematica è destinata a durare e diventare più complessa perché i non autosufficienti sono destinati ad aumentare".

La presenza di lavoratrici irregolari, che hanno meno potere contrattuale, minori tutele e non possono che accettare retribuzioni più basse, "rappresenta lo sfiatatoio per le famiglie a più basso reddito perché consente di trovare, magari con qualche sacrificio, un risposta alla esigenza di assistenza".  Ma intanto, denuncia il Censis, "a fronte di questa realtà, l’iniziativa sociopolitica è lenta".

Scarica il rapporto del Censis

EP

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