30 novembre 2012 – Affrontare in maniera efficace la questione dei migranti che dopo aver scontato una pena in carcere vengono trasferiti nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) al solo fine di procedere a un’identificazione mai eseguita in prigione, e risolvere una serie di criticità rilevate all’interno dei Centri. Sono i temi sollevati dall’OIM Roma in una lettera inviata la settimana scorsa ai Ministri dell’Interno, degli Esteri e della Giustizia italiani, nelle quale vengono esposte le osservazioni scaturite dalle attività svolte all’interno dei CIE nell’ambito del progetto Praesidium, finanziato dallo stesso Ministero dell’Interno
“Sempre più spesso i migranti che hanno terminato il loro periodo di detenzione devono subire un ulteriore lungo e inutile trattenimento a scopi puramente amministrativi. Tale pratica non soltanto ha un impatto negativo sul rispetto dei diritti umani degli migranti, ma allo stesso tempo fa aumentare i costi di mantenimento delle strutture”, afferma Josè Angel Oropeza, Direttore dell’Uffcio di Coordinamento OIM per il Mediterraneo.
Dalle visite effettuate dai funzionari dell’Organizzazione è inoltre emerso come la permanenza dei migranti nei CIE risulti assai più problematica di quella in carcere. Le criticità rilevate dall’organizzazione sono state varie: dall’ozio forzato cui sono costretti gli immigrati e dalla forzata commistione di ex detenuti condannati per reati di varia entità e natura con immigrati incensurati, alla non omogeinetà di trattamento nei diversi centri e alla necessità di ridurre i tempi di trattenimento. E’ stato inoltre rilevato come sia importante effettuare dei training “ad hoc” per i reparti mobili che si occupano della vigilanza e che non non hanno una formazione specifica sul fenomeno della migrazione e nella gestione di soggetti privati della libertà personale.
L’ OIM auspica che vengano organizzati incontri interministeriali per esaminare proposte concrete, tra cui:
– prevedere il distaccamento di personale di polizia degli uffici immigrazione presso i maggiori istituti di pena in modo tale da facilitare un collegamento effettivo tra le amministrazioni della Giustizia e dell’Interno e assistere quei migranti che entrano in carcere con un regolare premesso e poi lo perdono a causa della detenzione;
– promuovere l’elaborazione di un codice che regoli gli aspetti fondamentali della vita dei migranti all’interno del CIE, come le visite dei familiari, l’assistenza legale e la possibilità di comunicare con l’esterno;
– limitare l’utilizzo dei luoghi di trattenimento “informali” – come palestre, tensostrutture e simili – dove vengono trattenuti per diversi giorni i migranti appena sbarcati in linea con le disposizioni costituzionali;
– garantire l’effettiva applicazione della Direttiva sui Rimpatri con la promozione della partenza volontaria e la cancellazione del divieto di reingresso nel caso di collaborazione del migrante nella sua identificazione.
In Italia sono attivi 13 Centri di Identificazione ed Espulsione siti in Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia.