Roma -13 maggio 2013 – I centri di identificazione ed espulsione sono "inadeguati dal punto di vista strutturale e funzionale", incapaci di "tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, tra cui la salute e l'accesso alle cure", inefficaci nel contrasto dell'immigrazione irregolare ed esposti ad alto rischio di tensione all'interno dei centri. Per questo motivo vanno chiusi.
È la sintesi tracciata dal Rapporto “Arcipelago Cie”, presentato oggi a Roma dalla onlus Medici per i Diritti Umani (Medu), frutto di un'indagine, compiuta nell'arco di un anno, attraverso visite sistematiche in tutti i Cie, dopo il prolungamento, nel 2011, dei tempi di trattenimento a 18 mesi.
Oltre che sul monitoraggio dei centri, lo studio si e' basato sull'analisi di dati statistici e sulla raccolta di testimonianze dirette degli stranieri trattenuti e del personale che vi opera. L'organizzazione denuncia che "anche sulla base dei dati forniti a Medu dalla Polizia di Stato, il sistema dei Cie si dimostra fallimentare in quanto scarsamente rilevante e poco efficace nel contrasto dell'immigrazione irregolare. Il prolungamento dei tempi massimi di trattenimento a un anno e mezzo non ha inoltre sortito alcun effetto significativo in termini di efficacia nei rimpatri mentre ha contribuito ad aggravare in modo allarmante la tensione all'interno dei centri".
E ancora: "anche l'efficienza dell'intero apparato dei Cie appare quanto meno discutibile. In effetti, pur a prescindere dall'alto costo umano che i Cie comportano, l'insieme dei costi economici necessari ad assicurare la gestione, la sorveglianza, il mantenimento e la riparazione di queste strutture non appare commisurato ai modesti risultati conseguiti nell'effettivo contrasto dell'immigrazione irregolare".
I Cie – secondo la Onlus – "si confermano dunque strutture congenitamente incapaci di garantire il rispetto della dignita' e dei diritti fondamentali della persona. Un'inadeguatezza correlata alle modalità di funzionamento e alle caratteristiche strutturali che si rivela tanto più di fondo nella misura in cui mantiene la sua rilevanza indipendentemente dagli enti gestori presenti nelle singole strutture". In proposito Medu sottolinea che "di fatto, la funzione degli enti gestori sembra limitarsi a quella diruote piu' o meno efficienti all'interno di un iniquo ingranaggio – quello dei centri di identificazione ed espulsione – del quale non sono in grado di modificare, se non in modo alquanto marginale, le criticità di fondo".
Medici per i Diritti Umani chiede dunque "la chiusura di tutti i Cie italiani" e "la riduzione a misura eccezionale, o comunque del tutto residuale, del trattenimento dello straniero ai fini del suo rimpatrio". La Onlus ritiene, altresì, che ciò "debba avvenire contestualmente all'adozione di nuove misure di gestione dell'immigrazione irregolare, caratterizzate dal rispetto dei diritti umani e da una maggior razionalità ed efficacia".
Le alternative ai Cie? Medu richiama "alcune strategie di fondo già puntualmente individuate dalla Commissione De Mistura: diversificazione delle risposte per categorie di persone, gradualità e proporzionalità delle misure d'intervento, incentivazione della collaborazione tra l'immigrato e le autorità".
"In passato – ricorda la Onlus – l'Italia e' stata all'avanguardia nel superamento di istituzioni chiuse ritenute a torto ineliminabili, come, ad esempio, il manicomio, attuando riforme coraggiose, seppur non prive di difficoltà, come quella relativa all'assistenza psichiatrica. La chiusura dei Cie, nell'ambito di un profondo ripensamento delle politiche sull'immigrazione – conclude l'organizzazione – potrebbe essere l'occasione per il nostro Paese di segnare un nuovo cammino di progresso civile".
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