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CIE: costano 200 mila euro al giorno, inutili 1 volta su 2

I dati del rapporto “Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alla porte dell’Italia”. Spese e servizi a macchia di leopardo per strutture che in meno della metà dei casi portano effettivamente all’espulsione

 

Roma – 20 giugno 2012 – Duecentomila euro al giorno, tanto costano allo Stato i Centri di identificazione ed espulsione. E comunque la si pensi sull’opportunità di mettere dietro le sbarre gli immigrati irregolari non si può dire che siano ben spesi se nell’ultimo anno meno della metà dei detenuti sono stati poi effettivamente espulsi.

A fare i conti è “Lampedusa non è un’isola. Profughi e migranti alla porte dell’Italia”, Pre-Rapporto 2012 sullo stato dei Diritti in Italia a cura di “A Buon Diritto Onlus”, che verrà presentato oggi pomeriggio a Roma in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato.

Dal 1999 al 2011, per i Cie sono stati spesi 985,4 milioni di euro. Ogni ospite costa in media 45 euro al giorno, con grosse differenze tra un centro e l’altro (34 a Bari, 75 a Modena), quest’anno le gare sono al ribasso, ma il rapporto si chiede “quali servizi verranno offerti”, ad esempio a Bologna, dove il tetto massimo è stato fissato a 28 euro.

Anche lì efficienza dei centri sembra variare con la loro geografia. La percentuale di espulsi sui trattenuti supera il 60% a Milano e Modena, è intorno al 50% a Bologna e Torino, ma a Roma scende quasi al 40%, a Bari al 34%, a Brindisi addirittura al 25%.

I trattenuti rimangono in media 43 giorni nei centri, sono nell’88% dei casi maschi, e la classifica delle nazionalità nel 2011 era dominata dai tunisini (40%), un dato certo frutto degli sbarchi della rivoluzione, seguiti da marocchini (16%) e nigeriani (9%). I servizi? A macchia di leopardo:  a Bologna e Modena, per esempio, ci sono i mediatori culturali, a Roma e Torino no.

Come ricordavano qualche giorno i radicali al convegno “Immigrazione Una sfida & una necessità, si stima che la metà migranti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione provengano direttamente dal carcere, “dove però raramente vengono avviate le procedure di identificazione, delegate alle strutture dei Cie. Sarebbe necessario allora identificare gli immigrati detenuti già negli istituti penitenziari”, evitando così il circolo vizioso carcere-Cie.

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