Roma – 18 settembre 2014 – Che l'Italia sprechi i suoi talenti considerando straniere le seconde generazioni lo si dice da tempo, ma a quanto pare se ne sono accorti anche sui campi di calcio.
Basta pensare alla storia di Mario Balotelli, che è nato a Palermoe cresciuto a Brescia, ma ha dovuto aspettare diciotto anni prima di prendere la cittadinanza italiana. Intanto, le squadre che volevano farlo giocare, dovevano fare i conti con le norme sui calciatori extracomunitari.
Ora anche la Lega Nazionale Professionisti Serie A, che riunisce le società che partecipano al massimo campionato, chiede di cambiare le regole.
In un documento approvato all'unanimità il 24 luglio scorso, ma reso noto solo in questi giorni, accanto a temi come la multiproprietà o la riforma del campionato, spunta anche un "riconoscimento dello "ius soli" per l'acquisizione della cittadinanza a fini sportivi".
Secondo il gotha del calcio italiano, servono "norme che rendano più semplice e rapida l'acquisizione della cittadinanza italiana per i figli minorenni nati in Italia da genitori stranieri, sul modello di quanto già accade in molti Paesi europei". Come esempi, vengono citati Germania, Inghilterra e Spagna.
Rimane, comunque, l'esigenza di tutelare i vivai itaiani. Così, mentre apre alle seconde generazioni con la proposta sullo iu soli, il documento chiede anche di mettere "nuovi e più strigenti paletti per il tesseramento di calciatori extracomunitari nei settori giovanili".
Per i nuovi ingressi dall'estero, la Lega dice no al sistema delle quote, però suggerisce che la concessione del permesso di lavoro per i nuovi calciatori extracomunitari "venga subordinata al rispetto di parametri minimi di “qualità calcistica”, come accade nella Premier League.,