Parla la mamma di Angelica, ventenne nata e cresciuta a Roma. “Per la legge è peruviana, cosa succederà quando io non ci sarò più? Non si può perdere un diritto per colpa di una malattia”
Roma – 5 febbraio 2013 – “Un ragazzo con la sindrome di Down nato e cresciuto in Italia può diventare italiano?”. Un caso trattato qualche settimana fa dai legali di Stranieriinitalia.it ha scoperchiato un vaso di Pandora. La storia di Cristian, che è finita sui giornali e in tv grazie a un servizio delle Iene, è solo una tra le tante storie di ragazzi e ragazze e delle loro famiglie. Stranieri sulla carta, finchè la legge non riconoscerà anche ai disabili il diritto pieno ad essere italiani.
Giovani come Angelica, vent’anni, origini peruviane e grave sindrome di Down. È nata e cresciuta a Roma, in una famiglia di sole donne, perché il papà non c’era. Ha frequentato la scuola fino alla terza superiore, quando è riuscita a entrare nell’Opera Sante De Sanctis, un’associazione per la terapia e la riabilitazione dei portatori di handicap psicofisici.
Con sua madre e sua sorella ha viaggiato solo tra i quartieri della capitale, di trasloco in trasloco: il Trullo, San Lorenzo, la Casilina, fino ad arrivare, quando non sono più riuscite a pagare un affitto, in una casa occupata. “Sono qui da 24 anni, ho la carta di soggiorno”, racconta mamma Maria Del Carmen. “Ho fatto sempre l’assistente domiciliare, ma la cooperativa con cui lavoravo è fallita due anni fa. Ho perso il lavoro e cinque mesi di stipendi arretrati, poi ho perso anche la casa”.
Quando la figlia è diventata maggiorenne, Maria Del Carmen ha pensato di chiedere per lei la cittadinanza italiana: “Mi sembrava normale –dice – è nata e cresciuta qui”. Aiutata dall’Anolf Cisl, si è rivolta prima al Comune di Roma, “ma mi hanno detto di rivolgermi alla Prefettura e che comunque non avrebbe potuto prestare giuramento”. Anche in Prefettura le hanno detto che non c’era nulla da fare: “Non era in condizione di giurare, di capire cosa stava dicendo, di esprimere il desiderio di essere italiana”.
È davvero così? La mamma è schietta: “Angelica risponde se le chiedi se ha fame, se sta bene, se sta male, ma non credo sia in grado di capire cosa vuol dire diventare italiana. Però io continuo a pensare che l’Italia deve darle la cittadinanza. Lei e tanti altri ragazzi down non possono perdere questo diritto senza alcuna colpa, solo perché sono malati”.
Oggi Angelica ha un permesso per motivi familiari, “ma cosa succederà, domani, se cambierà la legge sull’immigrazione? Mia figlia, che è considerata una straniera, perderà anche il diritto di vivere in Italia?”. Nel suo caso, diventano ancora tragiche le preoccupazioni di tutti i genitori di persone disabili:“Che ne sarà di Angelica quando io non ci sarò più? Dovrà tornare da sola in Perù?”.
C’è chi, in questi anni, ha consigliato a Maria Del Carmen di tornarsene in patria con sua figlia, anche perché qui non riesce a sbarcare il lunario. “Ci ho pensato spesso, lì c’è la mia famiglia. Ma per seguire mia figlia dovrei essere miliardaria, tutte le cure sono a pagamento. Qui è stata operata al cuore, agli occhi, è seguita da un endocrinologo, lì rimarrebbe senza controlli medici, la sua situazione sarebbe ancora più grave”.
Maria Del Carmen non cerca beneficienza. “Quando guadagnavo, ho sempre pagato le tasse. Ci sono momenti buoni, ci sono purtroppo anche momenti brutti. Spero finiranno”. Ma ora guarda con speranza a una legge che apra la strada della cittadinanza anche a sua figlia, dando attuazione alla Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità.
L’intervista si interrompe quando Angelica la chiama con insistenza: “Mamma, vieni? Mamma Vieni?…” dice in italiano. “Lo spagnolo lo capisce ma non lo parla. Mia figlia è italiana”.
Elvio Pasca