Roma – 5 ottobre 2012 – Angelo Ogbonna, 24 anni, difensore del Torino e della Nazionale, è un talento italiano. Per la legge, però, è diventato concittadino dei suoi tifosi solo diciotto anni dopo essere nato a Cassino, città dove si erano stabiliti i suoi genitori, immigrati nigeriani. “Quella legge – dice – andrebbe cambiata”.
“Ci sono tante storie come la nostra. Papà lasciò la Nigeria per studiare architettura a Venezia. Era alla ricerca di un futuro e riuscì a far venire in Italia anche la mamma. Si stabilirono a Cassino, noi figli siamo nati lì” racconta oggi in un’intervista a Repubblica. Lui è suoi fratelli, aggiunge, sono italiani, “ma per la legge non fino ai diciotto anni. Sono stato un ragazzo senza diritti perché non avevo un pezzo di carta”.
“Mi sento totalmente italiano –ribadisce Ogbonna – ho immagazzinato la cultura che mi ha cresciuto. Molti fanno della nazionalità un fatto politico. Essere patrioti è bello , sì , ma siamo uomini del mondo. Io non porto l’Africa in Nazionale, non sono Angelo l’africano, Angelo l’italiano, Angelo l’Americano. Sono Angelo”.
Il calciatore dice anche di non essere “mai stato vittima di un episodio razzista. Magari non me ne sono accorto. Se notate in me una diversità è un problema vostro, non mio”. E alle curve che cantano “non ci sono negri italiani”, ribatte che non si fa “influenzare dalla stupidità. Dall’ignoranza di chi non sa nemmeno che tipo di povertà o di ricchezza possa avere un nero”.
Il nostro calcio ha stelle che si chiamano Balotelli, El Shaarawy, Ogbonna. Faremo mai l’abitudine ai nuovi italiani? chiede il suo intervistatore. “In Italia – risponde – c’è ancora disagio tra meridionali e polentoni. Temo che tra cinque anni saremo ancora qui a parlare di queste cose”.