La Corte di Giustizia respinge il ricorso della commissione Europea contro il Regno Unito, che limita l’accesso al welfare per gli immigrati comunitari economicamente inattivi. Discriminazione giustificata, serve a “proteggere le finanze dello Stato”
Lussemburgo – 15 giugno 2016 – Per salvaguardare le casse dello Stato, il Regno Unito può limitare l’accesso degli immigrati comunitari al suo welfare. Assegni familiari e credito d’imposta per i figli a carico possono andare solo a italiani, romeni, polacchi o altri cittadini dell’Unione che hanno il diritto di soggiornare Oltremanica e quindi, sostanzialmente, sono economicamente attivi.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha respinto ieri il ricorso presentato dalla Cittadini Ue, assegni familiari solo se hanno il diritto di soggiorno contro il Regno Unito. Appellandosi al regolamento europeo sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, e gridando alla discriminazione, Bruxelles chiedeva che venissero garantiti child banefit e child tax credit a tutti i cittadini Ue “abitualmente residenti”, indipendentemente da diritto di soggiorno.
Quel regolamento, ha però sottolineato la Corte nella sua sentenza, non organizza un regime comune di sicurezza sociale, ma coordina regimi nazionali distinti, he possono avere norme diverse. Uno Stato membro può quindi legittimamente subordinare “la concessione di prestazioni sociali a cittadini dell’Unione economicamente inattivi […] al requisito che essi soddisfino le condizioni per disporre di un diritto di soggiorno legale nello Stato”.
Non è una discriminazione tra cittadini Ue? Il Regno Unito non dovrebbe trattare allo stesso modo i cittadini inglesi (che hanno sempre e comunque il diritto di soggiorno) e i cittadini romeni, italiani o polacchi?
È vero, ha risposto la Corte, c’è una “disparità di trattamento”, una “discriminazione indiretta”, ma si può fare. “La necessità di proteggere le finanze dello Stato membro ospitante – scrivono i giudici – giustifica in linea di principio la possibilità di controllare la regolarità del soggiorno al momento della concessione di una prestazione sociale in particolare alle persone provenienti da altri Stati membri ed economicamente inattive”.
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