Roma – 22 settembre 2011 – “Si passa dal buonismo sfegatato di parte del centrosinistra, che quando va al governo si rende conto che ci sono momenti in cui è necessario usare la forza, alla durezza teorizzata dal centrodestra, che sa parlare solo di respingimenti”.
È questo, secondo Claudio Baglioni, “Il limite delle nostre politiche dell’immigrazione”. Il cantautore è stato intervistato da La Stampa dopo i tumulti di Lampedusa, isola che frequenta da anni e dove organizza il festival ’O Scià (“fino a martedi’ scorso sembrava inevitabile rinunciarci – dice – Abbiamo tanti dubbi ancora ma domani partiamo e quando si comincia vedrai che poi ce la faremo”).
Secondo Baglioni, Lampedusa “non è mai tornata alla normalità. Diciamo pure che non era possibile. Ma tra gli spot pubblicitari che promettevano una grande stagione di mare e offerte da sogno per i turisti e la realtà di oltre mille immigrati tenuti a cuocere nel cosiddetto centro di accoglienza, c’era grande differenza”.
“Invece di tenere un monitoraggio costante, non si è riusciti a distinguere tra i bisogni di chi arrivava dal Centrafrica, chiedendo solo un po’ di carità, e le insidie dell’ultima ondata di tunisini”. Parecchi di questi, sostiene l’artista, “non erano certo per bene, e anche quando non erano appena usciti di galera, rivendicavano con arroganza, talvolta con minacce, di poter continuare il loro viaggio e raggiungere i Paesi francofoni”.
“Abbiamo appena cominciato a pagare un conto che ci ha presentato la storia. Dovrebbe interessarci capire – aggiunge Baglioni – cosa ci succederà nei prossimi anni, se avremo da risolvere le stesse questioni culturali, religiose, di costume, di cibo, di istruzione, che altri paesi europei hanno affrontato prima di noi. Dovrebbe essere chiaro a tutti che un cambiamento di tali dimensioni ci accompagnerà per il resto dei nostri giorni, e riguarderà i nostri figli e nipoti”.