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Colf, badanti e babysitter, 7 miliardi l’anno spesi dalle famiglie

Quasi 900 mila lavoratori regolari, +42% negli ultimi 8 anni. Così lo Stato risparmia sull’assistenza e si favorisce il lavoro delle donne italiane. Lo studio di Fondazione Leone Moressa e Domina

 

 

 

Roma – 10 gennaio 2017 – L’invecchiamento della popolazione e l’ingresso di molte donne nel mercato del lavoro determinano, da parte delle famiglie italiane, una crescente domanda di servizi di collaborazione domestica, soprattutto badanti. Si tratta di un fenomeno cresciuto enormemente nell’ultimo decennio per far fronte ad una generalizzata diminuzione dell’erogazione dei servizi alla famiglia da parte delle istituzioni pubbliche.

Lo studio, realizzato dalla Fondazione Leone Moressa con DOMINA (Associazione Nazionale Famiglie Datori di Lavoro Domestico, firmataria del CCNL sulla disciplina del lavoro domestico), ha l’obiettivo di mettere in evidenza il ruolo del lavoro domestico in Italia, dal punto di vista delle famiglie italiane, sottolineandone l’impatto sociale e quantificando il valore economico generato. 

Le dimensioni del fenomeno. Nel 2015 presso le famiglie italiane sono assunti in regola 886.125 lavoratori domestici (57,6% Colf, 42,4% Badanti). Seppur nell’ultimo anno si sia registrato un lieve calo (-2,3%), il numero complessivo è cresciuto mediamente del 42% dal 2007. 

L’andamento è stato tuttavia scostante, influenzato fortemente da misure amministrative e normative, in particolare la c.d. sanatoria del 2012 . Nel periodo complessivo analizzato (2006-2015), il numero di lavoratori domestici assunti regolarmente è quasi raddoppiato, anche se l’aumento più intenso si è registrato tra il 2006 e il 2009 (+105%). Secondo le stime DOMINA, considerando anche i lavoratori irregolari si supera la soglia di 1 milione di lavoratori domestici, a sostegno delle famiglie.

Prevale l’Est Europa, ma aumentano le italiane (colpa della crisi). Considerando solo le badanti, oltre il 60% delle lavoratrici regolarizzate dalle famiglie italiane proviene dall’Est Europa. Secondo i dati DOMINA, una badante su cinque è rumena (21,1%). Seguono le Italiane, quasi al 20%. Nel 2008 l’Italia era al 9,1% e l’Est Europa al 74,7%. In aumento anche Asia e Africa. Situazione simile anche se in tono minore anche per le Colf: diminuiscono le Colf dell’Est Europa, crescono italiane ed asiatiche. 

Per effetto della crisi economica molte donne italiane che prima non lavoravano sono rientrate (o entrate per la prima volta) nel mercato del lavoro, specialmente nel lavoro domestico.

L’impatto economico e sociale. A partire dai dati INPS si può calcolare una spesa delle famiglie di circa 7 miliardi di euro l’anno, di cui 947 milioni in contributi versati allo Stato e 416 milioni in TFR. Questo genere di rapporti contrattuali non solo permette allo Stato di risparmiare costi di gestione di strutture per l’assistenza, ma permette alle donne autoctone la possibilità di entrare e rimanere nel mercato del lavoro, affidando ad altre persone il compito di risolvere il problema della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro.

Considerando i lavoratori domestici irregolari, il volume d’affari e il gettito fiscale potrebbero raddoppiare. Secondo DOMINA, le somme non incassate potrebbero rientrare grazie a politiche fiscali ad hoc a sostegno delle famiglie che assumono un lavoratore domestico.

Le prospettive demografiche. In Italia, nel 2016 la popolazione con almeno 75 anni rappresenta l’11% dell’intera popolazione, valore destinato a crescere al 23% nel 2050 (stime Istat). Questo si traduce in un innalzamento dell’età media della popolazione che, se nel 2015 è pari a 44 anni, nel 2065 arriverà quasi a 50 anni. Mantenendo costante il rapporto tra badanti e popolazione anziana, per far fronte all’invecchiamento della popolazione nel 2030 il fabbisogno di badanti aumenterà del 25,2% rispetto al 2016. 

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