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Colf segregata e violentata dal datore di lavoro

Una giovane ucraina a Milano. Lui aveva costruito una bomba per non farla scappare Milano – 18 agosto 2008 – Sequestro di persona, violenza sessuale, resistenza a pubblico ufficiale: sono le accuse che hanno portato ieri all’arresto di Paolo P., un milanese di 44 anni. L’uomo avrebbe segregato per quindici giorni nel suo appartamento di Quarto Oggiaro una ragazza ucraina.

La giovane, in Italia senza permesso di soggiorno, ha raccontato alla polizia di essere stata assunta in nero come colf, ma il suo datore di lavoro, che in un primo momento si era mostrato gentile, aveva iniziato a farle proposte sempre più audaci e a minacciarla. Temendo di essere denunciata come clandestina, la donna ha inizialmente subito in silenzio, ma poi ha tentato di andarsene.

A questo punto, si è scatenata la furia di Paolo P., che l’ha rinchiusa in casa e l’ha violentata per giorni. Per non farla scappare, l’uomo ha anche costruito un ordigno rudimentale collegato alla porta d’ingresso. Solo dopo quindici giorni, quando l’uomo è uscito di casa, la ragazza è riuscita a chiamare la polizia, che lo ha arrestato dopo una colluttazione.

“L’ho fatto perché ero geloso, ero innamorato di lei” si è giustificato il milanese.  Una “linea” difensiva che, se varrà confermato il racconto della sua vittima, difficilmente gli varrà uno sconto di pena.

Intanto, il vice sindaco di Milano Riccardo De Corato ha annunciato che il Comune “chiederà di costituirsi parte civile nel processo che vedrà imputato l’italiano che ha barbaramente sequestrato e violentato la colf ucraina. E attraverso le proprie strutture di protezione, come il Progetto accoglienza vittime della tratta cercherà di aiutare questa povera ragazza, che pur nello stato di clandestinità, ha avuto il coraggio di denunciare il suo aguzzino”.

EP

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