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Comunitari: via alle nuove regole sulle espulsioni

Introdotta la dichiarazione di presenza, allontanato chi non può mantenersi da solo. Ecco il testo Roma – 3 marzo 2008 – Sono entrate in vigore le nuove norme sui cittadini comunitari approvate la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri.

Una delle novità principali, è rappresentata dalla dichiarazione di presenza, che il cittadino comunitario o i suoi familiari potranno rendere presso gli uffici di polizia, secondo una procedura che dovrà essere presto definita dal Viminale. Grazie alla dichiarazione, si potrà dimostrare da quanto tempo si è in Italia. Senza dichiarazione, si supporrà ("salvo prova contraria") che il soggiorno dura da oltre tre mesi, e quindi chi ha i requisiti dovrà essere iscritto all’anagrafe, chi non li ha dovrà allontanarsi dall’Italia.

Il decreto definisce poi i casi di espulsione dei comunitari: sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza, altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

Per motivi di sicurezza dello Stato un cittadino europeo può essere accompagnato alla frontiera, dopo la convalida da parte del tribunale, se lo ordina il Ministro dell’Interno. È previsto un divieto di reingresso fino a dieci anni (chi lo viola rischia fino a 2 anni di reclusione), ma può essere revocato, su richiesta dell’interessato, se sono passati almeno tre anni e sono venute meno le circostanze che hanno portato all’espulsione.

L’espulsione è eseguita dalla polizia subito dopo la convalida del tribunale anche per "motivi imperativi di sicurezza pubblica", ma il divieto di reingresso è al massimo di cinque anni. Colpisce chi con il suo comportamento, rappresenta una "minaccia concreta, effettiva e grave" alla dignità umana, ai diritti fondamentali della persona o all’incolumità pubblica, una valutazione che può tenere conto anche di precedenti penali ben identificati nel testo del decreto.

Questa espulsione, viene normalmente ordinata con un atto motivato del prefetto, oppure del ministro dell’Interno se riguarda cittadini europei che sono qui da almeno dieci anni o minorenni e anche in questo caso si può chiedere, dopo almeno tre anni, la revoca del divieto di reingresso. Chi non rispetta il divieto è punito con la reclusione fino a un anno.

È previsto infine l’allontanamento di chi non ha più i requisiti per rimanere in Italia, ad esempio perchè non lavora e non ha altri mezzi per mantenersi. In questo caso il prefetto consegna un semplice foglio di via all’interessato, che avrà almeno un mese per andarsene, ma una volta in patria dovrà presentarsi presso un nostro consolato. Non è previsto un divieto di reingresso, ma chi viene sorpreso di nuovo qui senza un’attestazione del consolato è punito con arresto fino a sei mesi e ammenda fino a 2000 euro.

Un ruolo importante verà giocato anche dagli Enti locali. Tutti questi tipi di allontanamenti potranno infatti essere adottati anche tenendo conto delle "segnalazioni motivate del sindaco del luogo di residenza o di dimora del destinatario del provvedimento"

Contro le espulsioni per sicurezza dello stato e per ordine pubblico (ordinate dal ministro) si può presentare ricorso al Tar di Roma, contro quelle per pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza e perché sono cessate le condizioni del soggiorno (ordinate dal prefetto) il ricorso va presentato presso il tribunale della provincia in cui sono stati adottati, anche tramite le rappresentanze consolari italiane. La presentazione del ricorso non sospende però l’esecuzione delle espulsioni per sicurezza dello stato e motivi imperativi di pubblica sicurezza.

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DECRETO LEGISLATIVO 28 Febbraio 2008, n. 32 Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. (GU n. 52 del 1-3-2008 )

Elvio Pasca

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