Roma – 3 settembre 2014 – Niente fughe in avanti. Non basta un “semplice” permesso di soggiorno per accedere ai concorsi pubblici e non è una discriminazione mettere dei limiti all’assunzione di immigrati da parte dello Stato.
Con una sentenza depositata ieri, la Cassazione ha respinto il ricorso presentata da una cittadina albanese contro il ministero dell’Economia, che nel 2011 aveva riservato cinque posti ai Monopoli di Stato a cittadini italiani e comunitari. Secondo la donna, che si era già vista respingere il ricorso in primo e secondo grado, quel bando era discriminatorio.
La sua tesi non è stata sposata dai giudici, secondo i quali, è la legge stessa a prevedere quelle limitazioni. La sentenza cita anche la legge europea 2013, quella che ha esteso l’accesso ai posti pubblici ai “cittadini di Paesi Terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo”, la cosiddetta “carta di soggiorno”.
“Il legislatore con il recente intervento ha quindi ampliato l’accesso ai pubblici impieghi solo a determinate categorie di cittadini Extracomunitari, allo scopo di ricomprendervi i soggetti direttamente garantiti dalle Direttive Comunitarie” scrivono i giudici. “Il riferimento solo ad alcune categorie, manifesta la persistente volontà del legislatore di escludere le ulteriori categorie di cittadini extracomunitari non espressamente contemplati”.
Insomma, se c'è una discriminazione, è legittima. E cioè in linea, come sostiene ancora nella sentenza, con la legge italiana, compreso il Testo Unico sull’Immigrazione, oltre che con la nostra Costituzione e con le norme e le convenzioni europee e internazionali.
Sarà sempre così? Almeno finchè non cambierà la legge.
Nella sentenza si ricorda che durante la discussione della Legge Europea 2013, il governo accolse due ordini del giorno nei quali in sostanza si chiedeva di far accedere al pubblico impiego tutti i cittadini stranieri legalmente soggiornanti in Italia. “Gli interventi – sottolinea la Cassazione – non si sono tuttavia tradotti in un intervento normativo”.
Elvio Pasca