Roma – 18 gennaio 2013 – Riconoscere prestazioni sociali, aiuti economici o borse di studio agli immigrati solo se risiedono regolarmente da un determinato numero di anni sul territorio è contrario al principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione. Quindi, non si può fare.
Con una sentenza depositata oggi, la Corte Costituzionale ha eliminato, dichiarandone l’illegittimità costituzionale, diversi passaggi della Legge 28 ottobre 2011, n. 12 della Provincia Autonoma di Bolzano. Dedicata all'”Integrazione delle cittadine e dei cittadini stranieri”, quella legge fissa infatti un po’ troppi paletti.
Un suo articolo dice ad esempio che “hanno accesso ai servizi sociali le cittadine e i cittadini stranieri con residenza e dimora stabile sul territorio provinciale”. Ma anche che “per l'accesso alle prestazioni di natura economica è richiesto alle cittadine e ai cittadini stranieri di Stati non appartenenti alla Unione europea un periodo minimo di cinque anni di ininterrotta residenza e dimora stabile in provincia di Bolzano”.
Secondo la Corte quel requisito non rispetta i “principi di ragionevolezza e di uguaglianza” perché introducono “elementi di distinzione arbitrari”. Non c’è infatti una relazione tra la durata della residenza e le situazioni di bisogno e di disagio che sono il presupposto per accedere ai servizi sociali. In altre parole: un immigrato che Bolzano solo da un anno, potrebbe avere molto più bisogno (e più diritto) di uno che ci vive stabilmente da più anni.
Il discorso vale anche per un altro articolo che chiede sempre cinque anni di residenza per accedere alle “agevolazioni per al frequenza di una scuola fuori dalla provincia di Bolzano” e alle “prestazioni di natura economica per il diritto allo studio universitario”. Solo che qui, oltre all’ articolo 3 della Costituzione, dedicato all’uguaglianza, si viola anche il 34, secondo il quale “la scuola è aperta a tutti” e “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
I giudici hanno bocciato poi la norma secondo la quale gli immigrati che chiedono un ricongiungimento familiare devono avere una casa con i requisiti igienico sanitari e di idoneità alloggiativa, oltre a un reddito minimo annuo, pari a quelli previsti per i cittadini residenti in provincia. In questo caso, il problema è che c’è già una normativa nazionale sull’immigrazione, di competenza statale, nella quale non sono ammesse intrusioni da parte della Provincia autonoma.
Tra le altre norme cancellate ci sono quella che obbliga un rappresentante della Questura e uno della Prefettura a partecipare alle sedute della Consulta Provinciale dell’Immigrazione e quella che promuove l’attuazione della direttiva europea per l’ingresso di ricercatori. Eliminato, infine, anche il requisito di un anno di residenza in provincia per l’accesso dei cittadini Ue alle sovvenzioni per l’apprendimento delle lingue straniere.
EP