Lussemburgo, 7 dicembre 2011 – No alla carcerazione degli immigrati clandestini sottoposti a procedura di rimpatrio.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione europea in una sentenza emessa su un caso riguardante la Francia. La Corte ha tuttavia stabilito che la “direttiva rimpatri” della Ue “non vieta una normativa nazionale che qualifichi il soggiorno irregolare di un cittadino di un paese terzo alla stregua di reato e preveda sanzioni penali, compresa la reclusione”.
La direttiva, inoltre, prosegue la Corte europea, “non osta neppure ad un trattamento finalizzato ad accertare la regolarita’ o meno del soggiorno di un cittadino di un paese terzo”. Tuttavia, la Corte precisa che “le autorita’ nazionali sono tenute ad agire diligentemente e a pronunciarsi con la massima celerita’”. Quindi, “una volta accertata l’irregolarita’ del soggiorno, esse, in linea di principio, devono adottare una decisione di rimpatrio”. La Corte Ue ricorda anche che “solo quando l’allontanamento rischia di essere compromesso, lo Stato membro puo’ ricorrere al trattenimento dell’interessato, per una durata che non puo’ mai superare i 18 mesi”.
La Corte europea e’ giunta alle sue conclusioni in merito alla pronuncia chiesta dalla Corte d’Appello di Parigi sul caso di un immigrato clandestino di cittadinanza armena, che a giugno e’ stato colpito da un decreto di “riaccompagnamento coattivo alla frontiera” e da un provvedimento di “trattenimento per soggiorno irregolare”.
La Corte deduce quindi che la direttiva europea “non vieta che siano inflitte sanzioni penali, ai sensi delle norme nazionali e nel rispetto dei diritti fondamentali, a cittadini di paesi terzi cui sia stata applicata la procedura di rimpatrio prevista da tale direttiva e che soggiornino in modo irregolare nel territorio di uno Stato membro senza che esista un giustificato motivo che preclude il rimpatrio.