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Cosa sta succedendo in Libia e perchè le partenze di migranti sono tornate a crescere

Roma, 5 settembre 2023 – Dopo l’incontro tra il Premier libico Dbeibah e il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen avvenuto a Roma la scorsa settimana, in Libia sono scoppiate le tensioni. Dbeibah, infatti, ha condannato l’incontro e dichiarato il totale rifiuto di qualsiasi forma di normalizzazione con Israele, schierandosi invece a favore del popolo palestinese e della sua causa. Inoltre, ha anche sottolineato che qualsiasi dettaglio riguardo all’incontro sarà reso noto attraverso le indagini in corso.

Libia, cosa sta succedendo

In risposta a questa notizia, si sono verificate proteste in tutta la Libia, evidenziando quanto sia sensibile la questione israeliana nel paese nordafricano. L’antisemitismo, infatti, lì è un elemento unificante, che va oltre le divisioni tribali, e può influenzare il destino dei governi e dei leader politici in Libia. Nel timore di proteste contro il governo e i suoi alleati, tra cui l’Italia, la capitale Tripoli ha schierato un gran numero di forze di sicurezza. Tra l’altro, Roma è stata accusata da alcuni capiclan libici di aver organizzato l’incontro tra Libia e Israele, aggiungendo ulteriori tensioni alla situazione già complicata.

La questione ha anche avuto un impatto sul piano diplomatico, con la Libia che ha respinto il candidato italiano per la guida della missione dell’Unione Europea in Libia. Il secondo in graduatoria è un diplomatico francese, e questo evidenzierà le tensioni tra Parigi e Roma in merito alla politica libica. Il tutto, non va dimenticato, è condito dalle continue partenze dei migranti. Nonostante a oggi il maggior numero di barconi provenga dalla Tunisia, infatti, negli ultimi giorni numerose imbarcazioni sono salpate dalle coste libiche. E tutti, nel mondo, sanno come i migranti vengono trattati in Libia. Le Nazioni Unite hanno documentato ripetutamente le condizioni disumane in cui sono trattenuti i migranti in Libia, inclusa la negazione dei diritti legali, la scarsa assistenza medica e il ricorso alla tortura fisica e psicologica. In particolare, l’uso diffuso di psicofarmaci tra i detenuti è stato oggetto di preoccupazione.

EuroMed Rights, una rete di 70 organizzazioni per i diritti umani in 30 paesi, ha inoltre sottolineato che le condizioni nel centro di detenzione di Abu Salim riflettono quelle presenti nella maggior parte dei centri di detenzione per migranti e richiedenti asilo in Libia. E queste strutture sono generalmente gestite dalla Direzione libica per la lotta alla migrazione illegale (Dcim) del Ministero dell’Interno, con il sostegno finanziario e logistico dell’Unione Europea e dell’Italia. Lì la situazione è talmente drammatica che, come si legge nella nota di aggiornamento di “Reliefweb”, “alcune morti di migranti nei centri di detenzione libici dovrebbero essere trattate come omicidi. E tutte le parti coinvolte dovrebbero essere ritenute penalmente responsabili e consegnate alla giustizia”.

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