MADRID, 19 giugno 2013 – Piu' donne che uomini e maggiore qualificazione: questo il profilo degli immigrati spagnoli, modificato dalla crisi che li ha colpiti piu' di altri; in circa 900 mila hanno perso il posto di lavoro negli ultimi cinque anni, di cui la meta' negli ultimi due. Qualche anno fa, invece, i maschi erano in numero superiore, l'eta' era piu' bassa (16-34 anni contro i 35-64 attuali) e si lavorava prevalentemente nelle costruzioni, mentre ora il settore principale e' il terziario.
Secondo la ricerca ''Immigrazione e crisi: tra continuita' e cambiamento'' – del Consiglio di Barcellona, CIDOB Fondazione ACSAR e Ortega-Maranon Foundation – la maggior parte degli immigrati arriva dall'America Latina – soprattutto da Colombia, Ecuador e Bolivia – e il processo di integrazione non ha creato particolari problemi (in Spagna, su 46,8 milioni di abitanti, gli stranieri registrati sono 5,2 milioni, l'11,96% del totale).
Tuttavia, la ricerca segnala che appena il 5,2% della spesa sanitaria pubblica spagnola e' costituta da prestazioni fornite agli immigrati. Per quanto riguarda le rimesse di denaro verso i Paesi di provenienza, attualmente sono diminuite rispetto al passato, quando si raggiunse l'apice, nel 2008, con circa 8,5 miliardi. Ora si registra un calo del 20% e il valore si aggira sui 6,8 miliardi di euro all'anno.