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Anche la nuova Italia ai mondiali di atletica di Daegu

Nella delegazione azzurra in Corea quattro italiani dal cognome straniero. Ma per le seconde generazioni è ancora troppo difficile vestire la maglia della nazionale

 

Roma – 26 agosto 2011 – C’è anche qualche nuovo italiano ai mondiali di atletica leggera che iniziano domani a Daegu, in Corea del Sud.

Jean-Jacques Nkouloukidi, papà congolese e mamma haitiana, è un diciannovenne nato a Roma e cresciuto ad Ostia (Roma) e si cimenterà nei 50 km di marcia. Decisamente più veloce la gara di Jacques Riparelli, diciottenne con papà italiano e mamma camerunense, che vive da quando era piccolo in provincia di Venezia e correrà la staffetta 4×100.

Tra le atlete, il lancio del giavellotto conta anche su Zahra Bani, figlia di un italiano e di una somala, nata trentuno anni fa a Mogadiscio arrivata a Giaveno, Torino, quando aveva dieci anni . La ventottenne Libania Grenot Martinez, italo cubana che ottenuto la cittadinanza per matrimonio, sarà invece in pista per la staffetta 4×400.

Non c’è da stupirsi che in tutta la delegazione azzurra ci sia un solo atleta con entrambi i genitori immigrati, nonostante le tantissime seconde generazioni che praticano sport. Il problema è che per la stragrande maggioranza di loro diventare italiani è molto difficile, a causa dell’attuale legge sulla cittadinanza.

Ne sa qualcosa Eusebio Haliti, diciannovenne campione italiano «juniores» sui 400 metri indoor e su pista. È nato in Albania, vive in Italia dal 2000 ma solo dal 2002 è regolarmente registrato come residente all’anagrafe: potrà quindi chiedere la cittadinanza solo nel 2012, troppo tardi per realizzare il sogno di correre alle Olimpiadi di Londra con la maglia dell’Italia.

Il suo caso è finito qualche settimana fa in Parlamento, con un’interrogazione dei deputati del Pd Francesco Boccia e Michele Ventura. I due chiedono al governo di non discriminare giovani, che ”pur essendo magari nati oppure cresciuti in Italia e che si sentono italiani a tutti gli effetti, vengono sempre e comunque considerati stranieri”.

Elvio Pasca

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