Roma – 13 marzo 2013 – Nell’agosto del 2009 entrò in vigore la famigerata legge sulla sicurezza fortemente voluta dalla Lega Nord, al tempo al governo con Roberto Maroni ministro dell’Interno. Tra le altre cose, introduce il divieto di matrimonio in Italia per gli stranieri senza permesso di soggiorno.
Quella norma restò in piedi meno di due anni. Come avevano profetizzato diversi osservatori, la Corte Costituzionale la cancellò nel luglio 2011, ribadendo che il diritto a farsi una famiglia non può essere cancellato in nome del contrasto all’immigrazione clandestina.
Discorso chiuso? Non per Sandro Mazzatorta il sindaco (allora anche senatore) leghista di Chiari, paesino vicino Brescia, che aveva deciso di disobbedire alla Corte costituzionale, obbligando con un’ordinanza gli immigrati che volevano sposarsi nel suo Comune ad esibire il permesso di soggiorno.
Com’era prevedibile, quell’alzata di testa è stata demolita dalla legge. Lo scorso maggio, dopo un ricorso presentato dall’Asgi e dalla Fondazione Piccini, il tribunale di Brescia ha annullato l’ordinanza, perché discriminatoria. Inoltre, ha condannato il Comune a pagare quattromila euro di spese legali e la pubblicazione della sentenza su un quotidiano nazionale.
Mazzatorta, però non si è rassegnato e ha presentato ricorso, addebitando ai suoi concittadini anche i 1258 euro della parcella dell’avvocato che doveva curarlo. Anche stavolta, però, gli è andata male: in questi giorni è arrivata la nuova sentenza del tribunale, che ha bocciato il ricorso. E i chiaresi dovranno pagare le spese legali, salite a 3500 euro.
EP