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Domande false a peso d’oro: la grande truffa della sanatoria

Tantissimi raggirati con la regolarizzazione del 2009, ma non possono denunciare. Il Naga racconta cos’è successo a Milano e chiede: “Permesso a chi denuncia, ma cambiamo anche le regole dell’immigrazione”

 

Roma – 30 giugno 2011 – Che ogni regolarizzazione sia terreno di caccia per i truffatori è noto e logico. In un Paese con centinaia di migliaia di irregolari è facile trovarne tanti disposti a pagare a peso d’oro la semplice promessa di un permesso di soggiorno.

La sanatoria del 2009 è stata però, sotto questo aspetto, particolarmente ‘conveniente’. Limitata com’era solo a colf e badanti, mentre si inasprivano le pene per i clandestini, ha lasciato fuori centinaia di migliaia di lavoratori, convincendone molti a salvarsi trovando (e pagando) qualcuno disposto dire che lavoravano presso di lui come domestici.

Un mare di soldi è uscito dalla tasche dei clandestini  per finire nelle tasche di intermediari e sedicenti datori di lavoro. Che non hanno nemmeno presentato la domanda, l’hanno presentata non avendone i requisiti o ne hanno inviate più di quante ne consentiva la legge. Con lo stesso risultato:  loro hanno fatto un affare, il clandestino è rimasto tale e non li può nemmeno denunciare perché se va dalla Polizia rimedia un’espulsione.

Lo sportello legale del Naga a Milano ha ascoltato le storie di oltre quattrocento immigrati finiti in questo ingranaggio, tanto da tirarne fuori il rapporto, presentato oggi, “Truffasi. Quando la legge crea illegalità”. L’idea di fondo è che siano proprio le storture delle norme italiane sull’immigrazione a far proliferare casi che  l’associazione di volontariato descrive nel dettaglio, tracciando gli identikit di truffati e truffatori.

False ricevute e finte convocazioni
La casistica è variegata. C’è ad esempio il record del datore di lavoro che ha presentato 47 domande, pur sapendo che ne sarebbero state accettate al massimo tre e intascando comunque soldi per tutti gli altri tentativi. Ce ne sono altri che hanno falsificato, spesso grossolanamente, ricevute e convocazioni per tenere buoni i loro clienti e far loro credere che la regolarizzazione stava andando in porto.

C’è addirittura chi ha inscenato la firma del contratto di soggiorno nell’ufficio di un complice. “Mi ha telefonato il commercialista – racconta la vittima – e mi ha detto che era arrivata la convocazione e che dovevo andare a firmare il contratto di soggiorno. Sono andato e ho rivisto il datore di lavoro. Ho firmato, e poi, in un’altra stanza, mi hanno preso le impronte digitali. Come mai non ho ancora ricevuto il permesso di soggiorno.

Ai truffatori, naturalmente, non manca la faccia tosta. Uno di questi aveva presentato la domanda, facendosela pagare 3000 euro, pur non avendo il reddito sufficiente. Quando lo Sportello unico gliel’ha fatto notare, racconta il Naga, “ha chiamato il truffato e ha chiesto a lui l’ integrazione di reddito. Il truffato gli ha dato, in contanti, altri 4 000 €, e poi non ha più saputo niente!”.

Il rapporto rivela che la tariffa media intascata dai truffatori è di tremila euro a domanda. I datori di lavoro erano  nell’83% dei casi italiani e nel 71% ha partecipato almeno un intermediario. I truffati sono in maggioranza uomini, di nazionalità egiziana e in media hanno lavorato e vissuto in modo irregolare in Italia per 4 anni e 6 mesi prima di poter accedere, con esiti così nefasti,  a quella che ritenevano una chance di regolarizzazione.

Massarotto (Naga): “Cambiare le regole”
“L’indagine dimostra, una volta di più, come il problema di fondo sia il mancato funzionamento del meccanismo d’ingresso dei cittadini stranieri per motivi di lavoro secondo le regole vigenti e perfino delle sanatorie. Con le regole attuali i truffatori sono risultati intoccabili e se le Istituzioni non decideranno d’intervenire i reati connessi alla ‘sanatoria truffa’ passeranno sotto silenzio ” commenta Pietro Massarotto, presidente del Naga.

L’associazione chiede che a chi denuncia sia rilasciato un permesso di soggiorno per protezione sociale (lo stesso riconosciuto dalla legge alle vititme del racket delal prostituzione o del caporalato) ,  per attesa occupazione o per motivi umanitari. Ma soprattutto auspica un profondo ripensamento dell’attuale legge sull’immigrazione che risponda a criteri di realtà.

“Suggeriamo- conclude il presidente del Naga – di partire da queste tre proposte: slegare l’ingresso dei lavoratori in Italia dal requisito del possesso del lavoro a priori; prevedere per legge la possibilità di regolarizzazione per coloro che lavorano e che si trovano già in Italia; istituire la possibilità di concedere visti d’ingresso per ricerca d’occupazione”. Allargare, insomma, i canali dell’immigrazione regolare, anche per colpire chi specula sugli irregolari.

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TRUFFASI. Quando la legge crea illegalità. Osservatorio sulla “sanatoria colf e badanti” del 2009

Elvio Pasca

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