Roma, 26 ottobre 2021 – Più della maggioranza delle persone straniere residenti in Italia sono donne. Si parla, infatti, del 51,9%, oltre 2,6 milioni di cittadine provenienti da 198 diverse zone del mondo, anche se in particolare modo da Romania, Albania e Marocco. Con l’imporsi della pandemia, però, le donne straniere hanno subìto un doppio svantaggio, perdendo ancora più facilmente il posto di lavoro. A dimostrarlo è l’anticipazione del dossier Statistico Immigrazione a cura di IDOS e in collaborazione con Confronti e Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.
Donne straniere, cosa rivela il dossier immigrazione
Secondo la Rilevazione sulle Forze Lavoro dell’Istat, nel 2020 il 42% degli occupati stranieri è una donna: un dato che risulta essere in linea con quello della popolazione italiana. Con l’avanzamento della pandemia e della crisi socio-economica, però, è tornato ad aumentare il divario tra gli italiani e gli immigrati. “Se la pandemia ha prodotto un eccezionale calo dell’occupazione (-456mila, -2,0%), infatti, questo ha riguardato innanzitutto gli stranieri (-159mila, -6,4%) e, tra loro, le più penalizzate sono senz’altro le donne (-109mila, -10,0%), che da sole coprono quasi un quarto della perdita totale di posti di lavoro (24%)”, si legge nel dossier. I dati, quindi, mostrano un andamento peggiore per le lavoratrici straniere, diminuite in misura più alta sia rispetto agli immigrati uomini (-10,0% a fronte di -3,5%) sia alle donne italiane (-1,6%), che invece risultano colpite in misura simile ai connazionali maschi (-1,3%).
“Il loro tasso di occupazione, di riflesso, ha subìto un calo di 4,9 punti percentuali. Più che doppio rispetto al -2,2 degli uomini stranieri. E otto volte quello delle donne italiane (-0,6, valore in linea con quello dei connazionali uomini). Le quali, spesso, proprio grazie al sostegno delle lavoratrici straniere, riescono a risolvere le carenze del sistema di welfare e a conciliare le esigenze familiari con quelle professionali. In forte aumento anche la quota delle sotto-occupate, ossia le donne che lavorano meno di quanto vorrebbero. Nel 2020 sono il 14,0% tra le straniere (erano l’8,1% nel 2019) e il 9,1% tra le italiane. Resta elevata anche la percentuale delle sovraistruite. Il 42,3% delle lavoratrici straniere vanta un livello di competenze superiori alle mansioni svolte. Una quota, anche questa, nettamente superiore sia a quella delle donne italiane (24,8%) che degli immigrati maschi (27,7%)”, si legge inoltre nello studio.
Più della metà sono occupate in tre professioni
“Contribuisce a spiegare la spiccata vulnerabilità dell’occupazione femminile immigrata la netta canalizzazione in lavori poco tutelati e particolarmente esposti alla precarietà e alle restrizioni (oltre che al rischio di contagio). Più della metà lavora in sole 3 professioni. Collaboratrici domestiche, badanti, addette alla pulizia di uffici ed esercizi commerciali”. Questo a fronte di 13 professioni per gli uomini stranieri e 20 per le donne italiane. Il 39,7%, infatti, è un’addetta ai servizi domestici o di cura. “Sul calo dell’occupazione femminile straniera, dunque, ha pesato anche la lentezza con cui procede la regolarizzazione dell’estate del 2020, relativa al settore domestico nell’85% dei casi”. A fine luglio 2021 solo il 27% delle domande era giunto a definizione con il rilascio di un permesso di soggiorno. La spiccata concentrazione nel lavoro presso le famiglie ha fortemente limitato la possibilità delle lavoratrici straniere di contare sul blocco dei licenziamenti e sull’accesso alla cassa integrazione”.
Secondo i dati Inps, inoltre, le donne sono appena il 10,5% dei non comunitari percettori nel 2020 della cassa integrazione ordinaria. E il 24,3% di quella straordinaria. La loro quota sale solo nel caso dell’assegno ordinario dei Fondi di solidarietà (37,6%) e della cassa integrazione in deroga (41,1%). Le assistenti familiari e le tante lavoratrici del sistema socio-sanitario hanno pagato un caro prezzo anche in termini sanitari e di esposizione al contagio da Covid-19. Tra i casi di contagio denunciati dai lavoratori stranieri (il 14,3% del totale nel 2020), infatti, 8 su 10 si riferiscono a donne. “Anche l’accesso al vaccino è stato ritardato rispetto ad altre categorie “a rischio”. Solo nel piano vaccinale di marzo 2021 è stato esteso l’accesso alla vaccinazione prioritaria anche agli assistenti familiari addetti alla cura. Ma solo di persone con gravi disabilità, escludendo tutti gli altri (assistenti di soggetti comunque “fragili”, colf, baby sitter).
Nel frattempo, non sono mancati i casi di chi, rientrato temporaneamente nel Paese di origine, ha aderito alla locale campagna di vaccinazione. Con ricadute problematiche per numerose lavoratrici dei Paesi dell’Europa orientale, vaccinate con lo Sputnik, non ritenuto valido per ottenere il Green Pass in Italia, si legge infine nel dossier.
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