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E il telefonino salvò la regolarizzazione

La titolarità di una sim è tra le prove di presenza in Italia e non esiste immigrato che non abbia in tasca un cellulare. Tutti alla ricerca del contratto di attivazione

Roma – 5 ottobre 2012 – Quanti irregolari potevano immaginare che il lasciapassare verso il permesso di soggiorno se lo portavano in tasca da anni? Chissà quante volte l’hanno preso in mano, senza sospettare che è la prova della loro presenza in Italia almeno dal 2011, grazie alla quale potranno essere messi in regola.

 

Ad aprire loro gli occhi è stata  ieri l’interpretazione dell’Avvocatura Generale dello Stato, che ha inserito tra le prove di presenza valide anche i documenti rilasciati da privati che svolgono un servizio pubblico. E ha stilato una lista di esempi, dove compare, appunto, anche la “titolarità di schede telefoniche di operatori italiani (quali Tim, Vodafone, Wind, 3 ecc…)”.

Quelle due righe hanno fatto tornare il sorriso a tanti che finora, proprio per mancanza di “prove”, si dannavano per l’esclusione della regolarizzazione. E invece il telefonino ce l’hanno tutti, regolari e non, come dimostrano le tre milioni di sim attivate ogni anno da cittadini stranieri in Italia.

“La telefonia mobile è uno dei mercati trainanti tra i consumi degli immigrati, in continua espansione. Gli stranieri usano il cellulare e spendono di più rispetto agli italiani, per chiamare in Italia e in patria. Ormai per le telefonate all’estero è diventato più conveniente utilizzare le sim rispetto alle carte telefoniche internazionali” spiega Gianluca Bellei, amministratore delegato di Isi 2002, master dealer di Vodafone per il mercato etnico.

Ma perché la titolarità di una scheda telefonica dovrebbe valere come prova? “Chi entra in un punto vendita per attivare una  sim deve esibire un documento di riconoscimento valido, come ad esempio un passaporto,  che viene fotocopiato e conservato dal rivenditore. La prova che rimane in mano al cliente è il contratto di attivazione” chiarisce Bellei.

Naturalmente c’è il rischio che qualcuno non abbia più quel contratto in un cassetto. Potrebbe rivolgersi al  rivenditore, che deve averne una copia, anche se non è tenuto a fornirla al cliente. Vista la posta in gioco, forse vale la pena provare.

Elvio Pasca

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