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Edilizia. “Gli immigrati pagano il prezzo maggiore della crisi”

Rappoto Fillea Cgil: "Forte contrazione dell'occupazione, calano le retribuzioni e cresce l'irregolarità. C'è il rischio che molti sde ne vadano"

 

Roma – 20 dicembre 2012 – Una crisi fortissima, un vero e propio 'tsunami' occupazionale, segnato dalla perdita di 360.000 posti di lavoro dal 2008 al 2012, cifra che sale a 550.000 se si considerano anche i settori collegati. E' quello che ha investito il settore delle costruzioni, che, oltre alle perdite occupazionali, ha visto ridurre negli stessi anni, gli investimenti di circa 30 punti percentuali, collocandosi sui livelli di attivita' piu' bassi degli ultimi 40 anni. E' la fotografia che rimanda del settore edile il VII rapporto Fillea Cgil sui lavoratori immigrati nel settore delle costruzioni, realizzato insieme a Ires Cgil.

In questo scenario si inserisce la condizione dei lavoratori immigrati, che "nel progressivo sfaldamento del mercato del lavoro nelle costruzioni" rappresentano "la componente piu' debole" e che, fino al 2010, "scontavano le maggiori difficolta' come la dequalificazione, il differenziale retributivo, le irregolarita', le gravose condizioni di lavoro". Nel corso dell'ultimo biennio, pero', rileva il Rapporto Fillea-Ires, la situazione si e' ulteriormente aggravata con una forte contrazione dell'occupazione e un crescente ricorso alla cassa integrazione soprattutto tra i lavoratori immigrati.

In questo contesto, e' facile capire la risposta che hanno dato i lavoratori intervistati dall'indagine Fillea, su quello che li spaventa di piu' nella crisi: quasi la totalita' risponde che teme di non trovare piu' lavoro. Allo stesso tempo, i migranti temono per i loro diritti con la convinzione di non volerli barattare in cambio di un lavoro 'a tutti i costi'.

Oltre che l'occupazione, la crisi ha colpito duramente anche le retribuzioni: nel corso degli ultimi quattro anni la forbice del differenziale retributivo tra italiani e stranieri si e' ulteriormente allargata passando dal 4,1% del 2009 al 10,5% del 2012. A questo dato si aggiunge il peggioramento delle condizioni di lavoro e l'aumento delle forme di irregolarita'.

Dall'indagine emerge una significativa domanda di crescita, di formazione e di diritti da parte dei lavoratori immigrati, ovvero di quegli ingredienti propri della qualificazione del lavoro (e dunque delle imprese) che, dice il sindacato, sono la leva per la ripresa e lo sviluppo del settore. E sul ripensamento dei progetti degli immigrati, la Fillea parla di "effetto davvero destabilizzante che ci offre scenari ancora incerti e poco studiati: da un lato, infatti, c'e' il rischio di perdere forza lavoro (presumibilmente la piu' formata e qualificata) pronta ad emigrare in altri paesi o a far ritorno nel paese d'origine depauperando il bacino professionale del settore, dall'altro c'e' il rischio di costringere una fetta importante delle cosiddette 'seconde generazioni' ad abbandonare il proprio percorso formativo per sostenere il reddito dei genitori con lavori ancora piu' dequalificati e meno pagati, con la possibilita' di dare origine a forti tensioni sociali nel prossimo futuro".

Secondo  Walter Schiavella, segretario generale della Fillea Cgil, oggi, nelle costruzioni,  "c'e'  un'emergenza che riguarda tutti e si chiama lavoro e da qui dobbiamo  ripartire". Ma le politiche "praticate finora -sottolinea Schiavella-  hanno prodotto effetti negativi in particolare sotto due punti di  vista: la scelta di un modello di competizione basato sui costi che  alla fine ha scaricato sul lavoro gli effetti della crisi e  l'esposizione ancora piu' intensa dei lavoratori migranti  all'irregolarita'".  

Schiavella spiega che "molti dei 550.000 posti di lavoro persi globalmente nel settore sono poi scivolati  nell'economia irregolare, rendendo cosi' ancora piu' esposti al  ricatto i lavoratori migranti". "Questo dipende dalla struttura produttiva e dalle tutele  sociali, e dai diritti di cittadinanza che questo paese si ostina a  non riconoscere a questi cittadini". Ora occore "far si' che dalla crisi si esca con una  qualita' diversa e fare in modo che alla crisi sopravvivano le imprese sane e legali, costruendo un argine che metta al riparo soprattutto  chi e' piu' debole".

Un argine che in parte e' gia' stato eretto con  il successo della battaglia per l'introduzione del reato di caporalato ("anche se la norma e' da completare", dice Schiavella) e che deve  trovare "sostegno e barriere -conclude- che consentano l'esercizio  effettivo dei diritti di tutti i lavoratori" nel terreno contrattuale.

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