Roma – 21 maggio 2013 – Attesa, data ormai per scontata, forse un po’ un anticipo rispetto al solito, è arrivata l’ennesima proroga per i precari di Questure e Sportelli Unici, seicentocinquanta lavoratori che da un decennio portano avanti buona parte della burocrazia dell’immigrazione.
Stavolta, i loro contratti sarebbero “scaduti” a fine giugno. E invece nel decreto legge approvato venerdì scorso dal consiglio dei ministri si dice che il termine “è prorogato al 31 dicembre 2013” e al ministero dell’Interno viene assegnata “una somma pari a euro 9.943.590,96 “ per pagare i loro stipendi.
Contenti? Macchè. Ed è difficile dare loro torto. Da dieci anni, ogni giorno, si occupano di rinnovi dei permessi di soggiorno, ricongiungimenti familiari, flussi d’ingresso o sanatorie, se si fermano loro si ferma la gestione dell’immigrazione regolare in Italia, eppure finora la pubblica amministrazione è riuscita solo a prorogarli ogni volta che si avvicinava la scadenza del contratto, prima di anno in anno, ultimamente di sei mesi in sei mesi.
“La proroga è divenuta quasi una consuetudine nel nostro mondo lavorativo e familiare, come l’incertezza che ci accompagna in maniera inesorabile da oltre dieci anni, ormai una sorella di vita” ci scrive uno di loro, Cristiano Ceccotti.
“Tutti gli anni, anche ogni sei mesi, allo scadere del contratto io ed i miei colleghi non sappiamo se e come, il giorno dopo, potremo riprendere il lavoro e rendere un servizio adeguato. Perché un conto sono le dichiarazioni di principio dei diversi rappresentanti istituzionali, un conto la loro effettiva realizzazione pratica. E non sempre vi è coerenza tra questi due momenti. A quando – chiede Ceccotti – la stabilizzazione?”
Appunto, a quando? Possibile che dovranno essere i giudici , ai quali molto di loro si stanno rivolgendo, a costringere la Pubblica amministrazione ad assumerli a tempo indeterminato?
I seicentocinquanta hanno iniziato a lavorare con la regolarizzazione del 2002, prima come interinali, poi, dopo aver vinto un concorso, come dipendenti a tempo determinato. Se erano indispensabili quando gli immigrati regolari erano un milione, come si può sostenere che non vadano stabilizzati ora che la platea di utenti è quintuplicata?
Elvio Pasca