Le rotte dall’Africa Subsahariana al Mediterraneo, i costi, i pericoli, con le testimonianze dirette di uomini, donne e bambini arrivati in Italia. Il progetto di Medici per i Diritti Umani
Roma – 14 settembre 2016 – “Non era un deserto, era un cimitero”. “Se cadevi dal pick-up tra il Sudan e la Libia, nessuno ti veniva a prendere e tu morivi lì. Se camminavi troppo lento, ti picchiavano con bastoni di ferro, era terribile”. “Ho assistito all’uccisione di 20 persone da parte dei soldati libici, che sparavano a vista”.
“Morirò, il diavolo me lo dice. Ha già ucciso una persona nella barca quando il mare era fortissimo e ora toccherà a me”. “Verso l’alba l’acqua ha iniziato ad entrare nella barca. Tenevo stretta a me mia figlia Rivana. Era piccola troppo piccola per morire. L’acqua entrava e gli uomini non riuscivano a buttarla fuori”.
Sono questi i ricordi di viaggio che uomini, donne e bambini sbarcati in questi anni in Italia si portano dietro. Sono fatti di paura, violenza, dolore e morte, che hanno lasciato segni sui loro corpi e sulle loro menti, lungo rotte che si snodano per migliaia di chilometri e per mesi, per anni, dai paesi dell’Africa Subsahariana fino al Mediterraneo.
Medici Per i Diritti Umani ha presentato ieri ESODI, una mappa web interattiva che spiega quei viaggi, mostrandone le direttive, le tappe, i costi, le situazioni e i rischi nei diversi Paesi di Origine di Transito. È stata costruita con le testimonianze dirette raccolte dagli operatori e dai volontari di MEDU tra i migranti assistiti nei centri di accoglienza in Sicilia, nei luoghi informali di accoglienza e presso un centro per la riabilitazione delle vittime di tortura a Roma, ma anche a Ventimiglia o in Egitto.
Vai a ESODI. Rotte migratorie dai paesi sub-sahariani verso l’Europa. Qui di seguito, la presentazione scritta da Medici per i Diritti Umani:
ESODI è una mappa web interattiva realizzata sulla base delle testimonianze di mille migranti dell’Africa Subsahariana raccolte in quasi tre anni (2014-2016) dagli operatori e i volontari di Medici per i Diritti Umani (Medu). Essi sono parte di quei 730mila uomini, donne e bambini sbarcati sulle coste italiane negli ultimi 15 anni, dei quali oltre la metà nei 32 mesi appena passati. La mappa interattiva racconta nel modo più semplice e dettagliato possibile le rotte affrontate dai migranti dall’Africa subsahariana all’Italia, le difficoltà, le violenze, le tragedie e le speranze attraverso le voci dei protagonisti. E’ rivolta a tutti coloro che vogliono comprendere e approfondire la vicenda umana che più sta segnando il nostro tempo. In questo senso ESODI è allo stesso tempo una mappa con le tappe e i percorsi, un report con i dati e le statistiche ma soprattutto una testimonianza con le storie di vita. E’ una mappa web dinamica e in progress che si arricchirà periodicamente di nuove testimonianze raccolte da tutti coloro che vorranno raccontare la storia del loro viaggio.
Le informazioni sono state raccolte in particolar modo in Sicilia, nei centri di accoglienza straordinaria (CAS) di Ragusa e nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Mineo, a Roma nei luoghi informali di accoglienza e presso il centro Psychè per la riabilitazione delle vittime di tortura. Alcune testimonianze sono state raccolte anche a Ventimiglia e in Egitto, ad Aswan e al Cairo. In tutti questi luoghi Medu opera portando supporto socio-sanitario ai migranti, prima assistenza medica, servizi di riabilitazione medico-psicologica per le vittime di tortura e di trattamenti inumani e degradanti. Esodi racconta anche con dati aggiornati le conseguenze del viaggio sulla salute fisica e mentale di un’intera generazione di giovani africani; un viaggio in cui, citando le parole di un testimone, “non sei più considerato un essere umano”.
Dei 1.000 migranti assistiti da Medu, 870 sono uomini e 130 donne; l’età media è di 26 anni. Tra di essi 133 minori quasi tutti incontrati negli insediamenti informali di Roma. I migranti incontrati in Sicilia erano tutti richiedenti asilo accolti nei centri istituzionali, a Roma e Ventimiglia tutti migranti in transito verso altre paesi europei, in Egitto rifugiati residenti e migranti detenuti. In Sicilia prevalgono le persone provenienti dall’Africa occidentale, negli altri luoghi i migranti provenienti dal Corno d’Africa.
Tra i migranti provenienti dal Corno d’Africa, ed in particolar modo dall’Eritrea, il motivo principale della fuga è il servizio militare obbligatorio a tempo indeterminato, un sistema paragonabile ai lavori forzati. I fattori che spingono alla migrazione dai paesi dell’Africa subsahariana occidentale sono assai più eterogenei; tra le persone intervistate da Medu, la prima causa è comunque la persecuzione politica mentre le motivazioni economiche vengono addotte solo dal 10% dei migranti.
E’ indubbio, del resto, che la gran parte di essi – allo stesso modo degli Eritrei che scappano da una dittatura – è in fuga da un’insieme di drammatiche circostanze che rappresentano spesso una minaccia per la stessa vita. A fronte di ciò, negli ultimi anni si rileva nel nostro paese un progressivo aumento dei dinieghi alle richieste di protezione internazionale che nel 2016 hanno raggiunto il 62% del totale laddove tra le principali nazionalità dei richiedenti vi sono proprio diversi paesi dell’Africa occidentale come la Nigeria, il Gambia, il Mali e il Senegal.
La principale rotta dall’Africa occidentale passa attraverso il Niger e la Libia per poi raggiungere l’Italia attraverso il Canale di Sicilia(Rotta Occidentale-est). La durata media del viaggio dal paese di origine è di 20 mesi. Il tempo medio di permanenza in Libia è di 14 mesi. Il paese nordafricano è per i migranti provenienti dall’Africa occidentale, un luogo dove vivere e lavorare per un certo tempo, anche se in condizioni terribili. La principale rotta dal Corno d’Africa passa attraverso il Sudan e la Libia per poi raggiungere l’Italia attraverso il Canale di Sicilia (Rotta Orientale-centro). La durata media del viaggio dal paese di origine è di 15 mesi. Il tempo medio di permanenza in Libia per i migranti del Corno d’Africa, la gran parte eritrei, è di 3 mesi. L’Etiopia ed il Sudan sono i paesi dove i migranti eritrei permangono più a lungo.
Le tratte sono gestite da un insieme eterogeneo e articolato di intermediari e trafficanti. La somme pagate dai migranti per affrontare queste rotte, in genere più alte dal Corno d’Africa, possono variare notevolmente dal momento che sono molti gli imprevisti e le variabili. La possibilità di passare da una casa di transito ad un luogo di sequestro o ad un carcere durante il passaggio in paesi come la Libia, il Niger e il Sudan è ad esempio molto alta.
I traumi estremi come la tortura e le violenze ripetute sono un’esperienza tragicamente comune lungo il viaggio dall’Africa subsahariana all’Europa. Oltre il 90% dei migranti intervistati ha raccontato di essere stato vittima di violenza intenzionale, di tortura e di trattamenti inumani e degradanti nel paese di origine e/o lungo la rotta migratoria, ed in particolare in luoghi di detenzione e sequestro in Libia. La privazione di cibo e acqua, le pessime condizioni igienico-sanitarie, le frequenti percosse e altri tipi di traumi contusivi sono le forme più comuni e generalizzate di maltrattamenti. Vi sono poi forme di tortura più specifiche sia fisiche che psicologiche. Nove migranti su dieci hanno dichiarato di aver visto qualcuno morire, essere ucciso, torturato o gravemente percosso.
Nei centri di accoglienza in Sicilia (Mineo, Ragusa), l’82% dei richiedenti asilo seguiti dal team medico-psicologico di Medu (162 pazienti) presentava ancora segni fisici compatibili con le violenze riferite. Oltre ai segni fisici vi sono poi, spesso più insidiose e invalidanti, le conseguenze psicologiche e psico-patologiche. Tra i disturbi psichici più frequentemente rilevati dai medici e dagli psicologi di Medu, vi sono il Disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi correlati ad eventi traumatici ma anche disturbi depressivi, somatizzazioni legate al trauma, disturbi d’ansia e del sonno.
Quando Shiva, 10 anni dalla Liberia, disegna il mare, lo colora sempre di nero, poichè per lei, sopravissuta ad un naufragio per raggiungere l’Europa, il Mediterraneo rappresenta oggi solo morte e dolore. Spesso questi disturbi ricevono meno attenzione delle malattie fisiche, vengono ignorati o diagnosticati in ritardo. Questo, oltre a comportare un peggioramento e una cronicizzazione del quadro clinico, provoca gravi difficoltà al percorso di integrazione dei migranti nei paesi di asilo. Non è esagerato affermare che nel nostro paese questo fenomeno sta provocando oggi una sorta di epidemia nascosta che necessita di adeguate riposte sul piano sanitario, sociale e culturale.