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Esposto contro i respingimenti: “Sono illegali”

Le associazioni chiedono all’Onu e alla Commissione europea la condanna dell’Italia e lo stop delle violazioni dei diritti umani

Milano – 23 giugno 2009 – Un pool di associazioni italiane ed europee per la difesa dei diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo ha inviato un esposto alla Commissione europea, al Comitato Onu per i diritti umani e al Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d’Europa contro il respingimento dei profughi in Libia da parte delle autorità italiane. Lo ha reso noto l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), spiegando che nell`esposto si illustrano "le gravi violazioni dei diritti umani riconosciuti a livello internazionale determinate dalle operazioni di respingimento di imbarcazioni di profughi intercettati nel canale di Sicilia ed effettuate dalle autorità italiane a partire dal 7 maggio scorso".

Le associazioni si appellano alle istituzioni internazionali ed europee "affinché condannino l`Italia e richiedano alle autorità del Paese di non procedere ad ulteriori respingimenti". Viene inoltre richiesto alla Commissione europea "di intraprendere una procedura di infrazione nei confronti dell`Italia per violazione delle norme comunitarie in materia di protezione internazionale".

“I ripetuti respingimenti di migranti intercettati al largo di Lampedusa con rinvio forzato in Libia a bordo di navi militari italiane – si legge nell’esposto – che sono territorio dello Stato anche se si trovano nelle acque internazionali sono violazioni del diritto d’asilo e dei diritti fondamentali della persona”. A testimonianza vengono citati gli artt. 2 e 10 della Costituzione, le altre norme nazionali (gli artt. 2, 10, 14 e 19 del testo unico delle leggi sull’immigrazione approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, anche nelle parti modificate dalla legge n. 189/2002 – c.d. legge Bossi – Fini.

Prevedono che lo straniero comunque presente nel territorio e alla frontiera gode dei diritti umani fondamentali della persona previsti dalle norme internazionali in vigore, consentono di differire il respingimento di persone che debbano essere soccorse e vietano il respingimento di persone verso paesi in cui rischiano di essere oggetto di persecuzioni o di essere rinviate verso altri Paesi in cui possano essere perseguitati), dagli obblighi internazionali in vigore per l’Italia, in base ai quali sono inderogabili i divieti di respingere o sanzionare in qualsiasi modo persone che potrebbero ottenere lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria, di attuare sotto qualsiasi forma espulsioni collettive di stranieri e di allontanare persone che potrebbero subire nello Stato di invio la morte o torture o pene o trattamenti inumani o degradanti (art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, artt. 2 e 3 Convenzione europea della salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, art. 4 del Protocollo Addizionale n. 4 alla stessa Convenzione europea).

Ci sono poi gli obblighi comunitari che impongono di esaminare tutte le domande di protezione internazionale presentate sul territorio italiano, anche da chi è entrato irregolarmente, e prevedono il diritto di restare sul territorio dello Stato fino alla conclusione dell’esame delle domande, salvo che in caso di esecuzione di richieste di estradizione o di mandati di cattura europei. Vi sono poi altri obblighi internazionali derivanti dalle norme del diritto internazionale del mare che esigono di tutelare la vita umana in mare, come ricorda il Manuale sul soccorso in mare redatto nel 2006 dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e dall’Organizzazione marittima internazionale.

“Perciò – prosegue l’esposto – prive di fondamento giuridico appaiono le dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il quale il Governo italiano non avrebbe violato né norme nazionali, né norme comunitarie, né norme internazionali e l’affermazione fatta dallo stesso Presidente secondo cui su quelle barche vi sarebbero soltanto persone che pagano criminali e non vi sarebbero asilanti (occorrerebbe prima identificarli uno per uno e, come accadeva agli esuli italiani, ci si affida anche a pagamento a chiunque pur di fuggire)”.

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