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Espulsioni. I giudici di pace: “Altro che novità, così il sistema si blocca”

Intervista a Gabriele Longo, presidente dell’Unagipa. “Aumentano le competenze di uffici che già non riescono a funzionare. Difficile garantire il diritto di difesa. Il governo non ci ascolta”

 

Roma – 29 luglio 2011 – Il decreto sulle espulsioni che il Senato sta per convertire in legge avrà un impatto durissimo sugli uffici dei Giudici di Pace.

Negli ultimi anni, mentre si tagliavano fondi e personale, questi magistrati onorari hanno visto moltiplicarsi in modo esponenziale le loro competenze sull’immigrazione. Ora ne arrivano altre, dal via libera ai rimpatri volontari alle proroghe dei trattenimenti nei centri di espulsione.

Il risultato? Scontenterà tutti. Le espulsioni che il governo vorrebbe più efficienti si incepperanno, mentre sarà ancora più difficile garantire il rispetto dei diritti dei cittadini stranieri. Lo spiega a Stranieriinitalia.it Gabriele Longo, presidente dell’Unione Nazionale Giudici di Pace.

Quali sono le vostre competenze sull’immigrazione?
Convalidiamo le espulsioni, gli accompagnamenti alla frontiera e i trattenimenti nei Cie. Poi, dal punto di vista penale, facciamo le udienze per il reato di clandestinità, anche se io lo definisco un “reato apparente”, perché è praticamente a discrezione della Polizia. A volte si fa solo l’espulsione, altre volte c’è anche  la  denuncia per reato.

Con il decreto espulsioni conversione cosa è cambiato?
Ora giudichiamo anche i clandestini recidivi, quelli che non hanno rispettato un precedente ordine di allontanamento dall’Italia. Inoltre dobbiamo autorizzare gli allontanamenti volontari  e siamo chiamati a convalidare  tutte le proroghe dei trattenimenti nei Centri di Identificazione ed Espulsione, che ora diventano molte di più, visto che il periodo massimo di trattenimento è salito da sei a diciotto mesi.

Su che elementi autorizzate la proroga?
In base a una dichiarazione della Polizia secondo la quale fino a quel momento non è stato possibile rimpatriare il clandestino. Il Giudice di Pace non può certo disporre un’indagine, non può ad esempio contattare l’ambasciata per capire se e perché non sono riusciti a identificare il cittadino straniero.

Insomma vi limitate a ratificare quello che dice la Polizia
Sì. È imbarazzante e pesante. Inoltre questo giudizio andrebbe fatto in camera di consiglio, garantendo il diritto di difesa.

Perché usa il condizionale?
Perché non sempre ci sono le condizioni per avere un avvocato e un interprete. Ora che le proroghe aumentano per coprire tutti i diciotto mesi di trattenimento il problema è moltiplicato e la situazione si aggrava.

Insomma piove sul bagnato?
Le faccio un esempio. A Roma, i ricorsi presentati al giudice di pace per  multe del 2008 arriveranno a sentenza solo nel 2013. Insomma una figura nata per venire incontro a esigenze di celerità è oberata di lavoro e lentissima. In questa situazione si aggiungono ora altre competenze importantissime legate all’immigrazione. È sconvolgente.

Quanti sono i  giudici di pace e quanto guadagnano?
Siamo circa duemilacinquecento, responsabili di due milioni e mezzo di procedimenti ogni anno. Sono mille a testa, e nel calcolo non ci sono le convalide sui trattenimenti nei Cie, per ognuna delle quale prendiamo dieci euro lordi. Le udienze normali ci vengono rimborsate con trentasei euro lordi, quelle definitive cinquantasei. E non abbiamo contributi previdenziali.

Siete stati consultati dal governo mentre preparava il decreto?
Mai. Abbiamo chiesto un incontro al ministro dell’Interno e ai presidenti di Camera e Senato. Finora, però,  non ci ha risposto nessuno.

Cosa vi aspettate?
Se non si trovano altre soluzioni il sistema si bloccherà, le novità introdotte per rendere più efficienti le espulsioni avranno un effetto contrario al loro obiettivo. Purtroppo l’Italia è così, finchè non c’è il morto non ci si interessa del problema, manca la capacità di prevedere l’impatto pratico di certe norme.

Elvio Pasca

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