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Europarlamento: “Albanesi e bosniaci in Ue senza visto”

Gli eurodeputati votano per la liberalizzazione. Ora manca solo il sì del Consiglio

Roma – 7 ottobre 2010 – Il Parlamento ha espresso stamattina il suo sostegno alla proposta della Commissione europea di esentare dai requisiti di visto i cittadini di Albania e Bosnia-Erzegovina dalla fine del 2010, ritenendo che questi due paesi rispettino ormai tutte le regole in materia di sicurezza, lotta contro l’immigrazione clandestina e contro la criminalità.

La relazione, redatta da Tanja Fajon (S&D, SL) è stata adottata con 538 a favore, 47 contrari e 41 astensioni.

Il 30 novembre 2009, l’UE aveva deciso di dispensare dall’obbligatorietà di visto i cittadini di Serbia, Montenegro e dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, una decisione che è entrata in vigore il 19 dicembre dello stesso anno. A maggio scorso, la Commissione ha informato che anche l’Albania e la Bosnia-Erzegovina avevano compiuto dei progressi in tema di controllo dell’immigrazione illegale e di politica per la sicurezza, invitando pertanto il Parlamento e il Consiglio ad abolire gli obblighi di visto per soggiorni fino a 3 mesi, già da fine 2010. L’esenzione riguarda solo i possessori di passaporti biometrici.

Durante il dibattito di ieri all’Europarlamento, la relatrice Tanja Fajon (S&D, SL) ) ha detto che questa decisione "rafforzerà la fiducia fra la gente e accelererà le riforme" in Albania e Bosnia-Erzegovina, Paesi che hanno rispettato tutte le condizioni e sono pronti per l’abolizione dei visti. "È il momento di inviare un messaggio positivo a questi Paesi, abbatteremo le mura del visto, (…) la gente lo merita più che mai", ha aggiunto.

L’ esenzione, per entrare in vigore, dovrà essere approvata anche dal Consiglio, che esprimerà il suo voto a maggioranza qualificata a novembre.

La relatrice deplora inoltre che il Kosovo sia "l’unica zona dei Balcani occidentali completamente esclusa dal processo di liberalizzazione dei visti", e afferma che "la causa naturale di questa situazione è la divisione tra gli Stati membri in merito al riconoscimento dell’indipendenza del paese".

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