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Fini: “Regolarizzare chi lavora”

Il presidente della Camera: "Sono centinaia di migliaia di persone. Evitiamo peripezie inutili".

Roma – 29 settembre 2008 – I flussi di ingesso devono esser più "elastici", dando ad esempio la possibilità di mettersi in regola a chi ha già un lavoro in Italia, senza "peripezie inutili" per tornare a prendere un visto d’ingresso.

Ne è convinto il presidente della Camera Gianfranco Fini, la cui riflessione è stata raccolta da Bruno Vespa nel suo nuovo libro, in libreria da venerdì prossimo, "Viaggio in un’Italia diversa".

Secondo il presidente della Camera, "le procedure di visto vanno decentralizzate, utilizzando i consolati presenti in Italia. Tutti sanno che in Italia lavorano centinaia di migliaia di persone sprovviste di permesso e, il più delle volte, i decreti flussi ammettono un numero di lavoratori inferiore a quello che serve. Bisogna essere più elastici e distinguere chi lavora da chi non lavora. Anziché indicare ogni anno un numero, si faccia un censimento rigoroso richiamando seriamente alle proprie responsabilità il datore di lavoro".

Fini non considera questa proposta una sanatoria: "Sanare – sottolinea Fini – significa dare un permesso di soggiorno al clandestino in attesa che si sistemi. Io dico un’altra cosa: quanti sono quelli che lavorano effettivamente in Italia? Bene, evitiamo che per mettersi a posto debbano fare peripezie inutili. Insieme con i datori di lavoro facciamo un censimento rigoroso e mettiamoli a posto. Non è una sanatoria, è emersione di un lavoro nero che già esiste".

Un’operazione che però non dovrebbe far perdere di vista il contrasto all’immigrazione clandestina. "Da noi la situazione si è fatta più grave perché Francia, Spagna e Grecia hanno adottato misure preventive molto rigorose per scoraggiare gli ingressi nei loro paesi. – dice il presidente della Camera  – Il Mediterraneo è fatto di vasi comunicanti, e se i flussi migratori trovano difficoltà altrove, eccoli arrivare in Italia grazie a una politica che ha diffuso in tutto il mondo il messaggio che, se da noi le porte non erano proprio spalancate, certo tutti sarebbero stati accolti con grande solidarietà. Adesso la situazione cambierà, con le distinzioni che ho fatto poco fa". 

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