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Flussi, 30 mila quote per il 2017, ma le frontiere restano chiuse

In arrivo un nuovo decreto, ok a stagionali e conversioni, ma anche stavolta gli ingressi veri saranno pochissimi. Intanto aumentano irregolarità e nero

 

Roma – 30 novembre 2016 – Il nuovo decreto flussi? Senza sorprese. Sarà dedicato  quasi completamente a chi è già qui regolarmente o a chi verrà a lavorare solo per qualche mese, per poi tornarsene in patria. Pochissime possibilità per chi vorrebbe venire a lavorare stabilmente, zero speranze per chi è in Italia senza permesso di soggiorno, può lavorare solo in nero e aspetta un’occasione per regolarizzarsi. 

Gli esperti del ministero del Lavoro che ogni anno definiscono le quote del decreto flussi hanno le mani legate. Il governo, ancora convinto che in Italia c’è troppa disoccupazione per aprire le frontiere ad altra manodopera straniera, non ha avviato il meccanismo di programmazione di nuovi ingressi previsto dal Testo Unico sull’immigrazione e quindi per il 2017 non ci si potrà discostare dai numeri del 2016. È in arrivo così un altro decreto da 30 mila quote. 

Oltre la metà delle quote dovrebbe essere destinata all’ingresso di lavoratori stranieri stagionali, poi ci sarà una parte consistente di conversioni di permessi di soggiorno rilasciati per altri motivi (es. studio o stagionale) in permessi di soggiorno per lavoro autonomo e subordinato. Solo i rimasugli saranno divisi tra ingressi per lavoro autonomo o ingressi per categorie “speciali”, come i lavoratori che hanno completato programmi di formazione nei Paesi d’origine o lavoratori sudamericani di origine italiana. 

Questo è il quadro prospettato ieri dalla Direzione Immigrazione del Ministero del Lavoro nel corso di un incontro con  sindacati e associazioni dei datori di lavoro. È stata l’occasione anche per fare il punto sul decreto flussi 2016, che si è dimostrato ancora una volta uno strumento più che fallimentare per far incontrare domanda e offerta di lavoro.  

Il ministero non ha presentato dati sulle domande presentate, ma solo sulle quote effettivamente utilizzate fino al 10 ottobre scorso, ad esclusione di quelle per lavoro autonomo che sono gestite dalla Farnesina. Per gli stagionali si viaggia intorno al 60%, per le conversioni si scende al 20%, per i nuovi ingressi non stagionali si precipita addirittura sotto l’1%. È vero che c’è tempo fino al 31 dicembre per presentare le domande, ma se le quote non sono andate esaurite finora, difficilmente succederà da qui alla fine dell’anno. 

Non c’è più domanda di lavoratori stranieri in Italia? Impossibile dirlo, perché nessuna di quelle quote poteva essere utilizzata per i lavoratori che negli scorsi anni hanno fatto diventare l’Italia una grande paese  di immigrazione: operai, muratori, colf, badanti o così via. Come ieri ha fatto notare icasticamente la Uil: “È come guardare una giornata di sole dal buco della serratura e concludere che forse piove”. Quei numeri dimostrano, però, che non si riescono a far funzionare neanche i pochissimi canali d’ingresso regolare lasciati aperti. 

Intanto, sulle nostre coste negli ultimi tre anni sono arrivate quasi mezzo milione di persone. In parte sono profughi che avranno diritto alla protezione internazionale, altri sono migranti in cerca di lavoro che non hanno altri modi per arrivare in Italia se non ingrassando i trafficanti e rischiando la vita sui barconi. Per la legge sono irregolari che non potranno avere un lavoro, se non in nero. 

In nero sono costretti a lavorare anche gli immigrati che, in questi anni di crisi economica, hanno perso il lavoro che garantiva il rinnovo del permesso di soggiorno. Quattrocentomila persone, secondo i sindacati. La legge vorrebbe che sparissero, che se ne tornassero nel Paese d’Origine, portandosi dietro le famiglie e rinunciando a tutto quello che hanno costruito qui

Sono problemi, questi, che non si risolveranno certo con i decreti flussi, tanto meno con decreti flussi così avari. Possono solo continuare a ingigantirsi se si continua a far finta che non esistano, senza creare nuove forme di accesso regolare al lavoro. 

Elvio Pasca

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