Roma – 4 febbraio 2015 – La primavera non è alle porte, ma per evitare che quando arriverà non ci siano braccianti pronti a raccogliere i frutti delle nostre campagne è già tempo di ragionare sui nuovi ingressi di lavoratori stagionali extracomunitari. Complice la crisi e la nuova composizione della manodopera straniera impiegata nei campi, quest'anno gli ingressi saranno ancora meno rispetto al passato.
Il governo sta preparando un decreto flussi da 10 – 11 mila quote, contro le 15 mila del 2014 e le 30 mila del 2013.
A contingentare gli ingressi sono le valutazioni degli esperti del ministero del lavoro sulla base dell'andamento dei flussi stagionali nel 2014. Le domande presentate sono state poco più di 30 mila, per la maggior parte bocciate per mancanza di requisiti dalle direzioni territoriali del lavoro. Alla fine i nulla osta rilasciati dagli sportelli unici per l'immigrazione sono stati meno di 9 mila e i contratti di soggiorno effettivamente sottoscritti appena 5.500.
Dietro tante di quelle domande, insomma, non c'era il bisogno di un'impresa.”In grande parte si trattava di un mercato dei permessi, invece che di posti di lavoro veri” ha spiegato ieri durante un incontro con i sindacati Natale Forlani, direttore dell'immigrazione al ministero del Lavoro. Gli aspiranti stagionali erano cioè cittadini stranieri (già in Italia irregolarmente o ancora nei loro Paesi) pronti a pagare a intermediari e imprenditori senza scrupoli la chance di avere un permesso di soggiorno, seppure valido per pochi mesi.
Al ministero del Lavoro stimano inoltre che il 60% dei posti stagionali è ormai coperto da cittadini comunitari (romeni, polacchi ecc.) che non hanno bisogno di decreti flussi per venire in Italia, oppure da immigrati che già sono in Italia. Un altro effetto della crisi, che spinge chi è rimasto senza lavoro a fare il bracciante.
I sindacati concordano con le valutazioni del ministero. Chiedono però anche strumenti più efficaci per combattere il caporalato, che sfrutta anche con la violenza i lavoratori stranieri, così come il mercato dei permessi, che in cambio della falsa promessa di una regolarizzazione sottrae denaro a persone che già versano in una situazione di disagio.
Giuseppe Casucci, responsabile immigrazione della Uil, ha denunciato che “alla base del sostanziale flop della direttiva 52 e della legge contro il caporalato, c’è il non completo rispetto della direttiva in fase di ratifica. Su due principali aspetti: la possibilità che i sindacati o le associazioni possano rappresentare il migrante in nero che denuncia condizioni di sfruttamento e il rischio per lo stesso migrante di essere espulso alla fine dell’iter giudiziario contro il proprio datore di lavoro”.
Inoltre, secondo il sindacalista, soprattutto al Sud le agenzie di impiego legali non hanno alcun ruolo nell'incontro tra domanda e offerta. Così i caporali hanno mano libera e le loro vittime non li denunciano per paura di rappresaglie.
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