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Flussi, un mini decreto. Quando una programmazione seria degli ingressi?

Gli sbarchi in Italia per ragioni economiche sono raddoppiati e il bilancio demografico italiano è negativo. Eppure il governo continua a bloccare gli ingressi legali per lavoro

 

 

Roma – 3 febbraio 2016 – Come previsto, il governo ha varato ieri un mini decreto flussi per lavoro subordinato e stagionale. Il DCPM è già in Gazzetta Ufficiale. Si tratta di quasi 31 mila quote, di cui 17.850 per lavoro subordinato, mentre altre 13 mila sono riservate a ingressi per lavoro stagionale. 

Balza subito agli occhi il fatto che, per quanto riguarda il lavoro subordinato di cittadini di Paesi Terzi, gli ingressi veri si riducono a 3.500 quote, 2.400 delle quali per lavoro autonomo. Ci sono poi 14.250 quote riservate alle conversioni dei permessi (da lavoro stagionale, da studio/tirocinio o formazione a lavoro, da lavoro autonomo), mentre 1300 permessi di soggiorno sono riservati a lavoratori extra UE che sono in possesso di permesso già rilasciato da altro Stato membro dell’Unione Europea. Infine, delle 13 mila quote concesse ai lavoratori stagionali, 1.300 vanno agli ingressi pluriennali.  

Colpisce il fatto che, mentre nel 2015 gli sbarchi in Italia per ragioni economiche sono di fatto raddoppiati (oltre 150 mila ingressi via mare), il Governo continua a non vedere il problema e   persegue nella logica del blocco degli ingressi legali per ragioni di lavoro, blocco che dura sin dal 2010. E questo a dispetto di quanto argomentato dai demografi che certificano una perdita annuale di popolazione italiana che va dalle 100 alle 150 mila persone. 

Inoltre: a novembre scorso, dirigenti della Direzione Immigrazione del Ministero del Lavoro avevano annunciato l’intenzione del Governo di tornare alla programmazione dei flussi migratori per lavoro, così come previsto dalla legge 6 marzo 1998, n. 40: in anticipo ed attraverso il confronto di tutte le parti interessate. Infatti, dopo anni di assenza verrebbe anche riconvocato un comitato di coordinamento tra ministeri (Interno, Lavoro, Esteri, ecc.) e di confronto con le parti sociali in tema di immigrazione.  

Di tutto questo però non si vede ancora traccia e la programmazione dei flussi d’ingresso avviene senza un vero approfondimento della dinamica migratoria nel nostro Paese, e senza un governo della stessa. 

Un esempio plateale? Gli ingressi per lavoro stagionale.  A novembre del 2015, secondo dati forniti dallo stesso Ministero del Lavoro, a fronte di 13 mila quote previste ad aprile, erano state presentate 29.642 domande. I parere positivi emessi dalle direzioni territoriali del lavoro erano 5.661, a cui sono seguiti circa 4.300 nulla osta rilasciati dagli sportelli unici per l’immigrazione. Per arrivare ad inizio novembre all’emissione di soli 2.050 contratti di soggiorno

Domande senza risposta

C’è da chiedersi:

1) Quali siano le cause che hanno prodotto un flop così plateale (che si ripete da anni, per altro);

2) Perché sia così lento l’esame di domande di lavoratori stagionali, che per la natura del lavoro stesso dovrebbero essere messi a disposizione subito, specie in agricoltura;  

3) Perché malgrado il fallimento di questo strumento – che produce scarsi risultati da diversi anni – si procede alla programmazione di un nuovo decreto flussi con lo stesso numero di quote per gli stagionali?

Alla prima domanda la risposta più probabile che oggi in Italia c’è un eccesso di offerta di manodopera composta da stranieri rimasti senza lavoro, richiedenti asilo e cittadini comunitari. E’ manodopera già presente in Italia e subito disponibile. Ci pensa poi il caporalato a gestire l’intermediazione del lavoro in settori come l’agricoltura, l’edilizia, ma anche il commercio ed i servizi alla persona. Malgrado esistano, sia una legge che sanziona il caporalato e sia una direttiva europea che sanziona gli imprenditori che assumono stranieri irregolari, questo meccanismo si dimostra più efficiente (e certo più spietato) dei servizi pubblici per l’impiego e produce di conseguenza la rottamazione di strumenti ormai obsoleti come i decreti flussi che servono solo (vedi le 30 mila domande presentate) ad ingrassare il mercato dei permessi, non certo quello dell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro.

La risposta alla seconda domanda riguarda la lentezza della burocrazia, insensibile alle leggi naturali che governano l’agricoltura. Alla terza domanda non vi sembra essere risposta logica: perché rimettere in gioco altre 13 mila quote per il lavoro stagionale, quando ne sono rimaste 11 mila inutilizzate? Mistero.

Immigrazione nel caos

Quello che appare certo è che si continua a lasciare non governata una quota importante del mercato del lavoro (quello sommerso) che continua a crescere, non solo con l’arrivo di migranti irregolari al ritmo di centinaia di migliaia l’anno, ma anche a causa delle conseguenze della  crisi economica che ha visto l’anno scorso non rinnovati 150 mila permessi di soggiorno a causa della mancanza di lavoro.

Così tra gestione superficiale dell’arrivo di richiedenti protezione (10 mila minori scomparsi l’anno scorso, di cui metà in Italia; strutture di accoglienza che non coprono nemmeno il 50% del fabbisogno, migliaia di rifugiati lasciati per strada ) e la chiusura solo formale degli ingressi di migranti economici nel mercato del lavoro continua a regnare il caos, con forti fenomeni di dumping lavorativo e sociale, gravi casi di sfruttamento e caporalato, italiani e stranieri che abbandonano l’Italia. Effetto collaterale non secondario: la crescita dell’insofferenza da parte degli italiani, con casi anche gravi di xenofobia. 

Forse un po’ di seria programmazione servirebbe davvero. Noi della UIL almeno la pensiamo così.

Giuseppe Casucci
Coordinatore nazionale del Dipartimento Politiche Migratorie della UIL

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