Milano – 2 aprile 2014 – Lo spaccamento della maggioranza che sostiene il governo della Regione Lombardia non ferma la crociata della Lega Nord per escludere le donne straniere dai fondi antiaborto o destinati alle neomamme.
Ieri l’assessore alla famiglia Marina Cristina Cantù ha presentato in commissione Sanità le nuove linee guida per l’accesso ai Fondi Nasko e Cresco. Il primo concede 3000 euro per l’acquisto di beni e servizi destinati a mamma e bambino alle donne che rinunciano alla scelta di interrompere volontariamente la gravidanza, il secondo 900 euro per l’acquisto di generi alimentari nei primi diciotto mesi di vita del bambino.
Tra i requisiti, un reddito particolarmente basso e, fino a oggi, essere residenti in Regione da almeno un anno. Le linee guida presentate da Cantù prevedono però, oltre a un abbassamento dei limiti di reddito, che le beneficiarie vivano regolarmente in Lombardia da almeno cinque anni, e quindi escluderanno molte mamme immigrate.
“Porre nuovi criteri è cruciale: circa il 60 per cento delle donne che affronta la scelta dell’interruzione volontaria di gravidanza è italiana. Dobbiamo sostenere le famiglie che vivono e pagano le tasse in Lombardia: non possiamo salvare l’umanità intera” ha spiegato ieri l’assessore.
A nulla sembrano essere servite le 20 mila firme raccolte contro la riforma da una petizione lanciata dal Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli (area Comunione e Liberazione), secondo il quale la novità farà aumentare il numero di aborti tra le immigrate. Né le critiche mosse al progetto leghista non solo dall’opposizione, ma anche dai colleghi di maggioranza del Nuovo Centro Destra.
“Tanti cattolici che hanno votato Maroni si interrogheranno sul da farsi, come anche il gruppo Ncd” dice il consigliere regionale di Ncd Stefano Carugo. “La vita – aggiunge – è un valore non negoziabile. La campagna elettorale della Lega contro l'immigrazione non può essere fatta sulla pelle di bimbi che aspettano di nascere".