Chi arriva e chiede asilo non ha nulla, ma vive per mesi per strada. Hein: “I fondi ci sono, bisogna usarli meglio”
Roma – 20 giugno 2013 – Ahmed arriva dall’Afghanistan a Roma. Da quando chiede asilo alla questura all’inserimento in un centro di accoglienza passano trentotto giorni, durante i quali dorme per strada e in una tendopoli. Fahime è pakistano, chiede asilo a Gorizia, ma solo grazie alla carità e alla buona volontà di privati e trova per undici notti un tetto diverso prima di entrare in un centro di accoglienza. Mohamed sta vivendo per strada a Roma da trenta giorni, da quando è arrivato il 22 maggio e ha provato a chiedere asilo.
Ahmed, Fahime e Mohamed sono solo che tre delle centinaia di persone che in questo momento pagano sulla loro pelle un problema strutturale del sistema d’asilo italiano: l’incapacità di dare accoglienza subito a quanti fanno una richiesta di asilo nel nostro paese. Questo nonostante la legge preveda che ogni richiedente asilo che arriva in Italia senza adeguati mezzi di sostentamento ha diritto a forme materiali di accoglienza sin dal momento in cui presenta domanda di protezione.
“La ragione è chiara, sono persone in fuga dai loro paesi di origine perché perseguitate, perché c’è una guerra, scappano per mettere in salvo la propria vita cercando di arrivare in un Paese sicuro senza, molto spesso, alcun tipo di mezzo di sostentamento. Rispetto ai migranti economici non hanno elaborato un progetto migratorio che li sostenga. Per questo quando arrivano in Italia e in Europa hanno davvero bisogno di tutto, sia da un punto di vista legale che materiale. E’ grave che persone che hanno diritti riconosciuti vivano mesi per strada. Perché devono pagare loro sulla loro pelle quello che non funziona nel sistema italiano?” si domanda Christopher Hein direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati.
Posti insufficienti e liste d’attesa
Di regola un richiedente asilo dovrebbe essere accolto a seconda della condizione personale nei CARA, centri governativi, o nel Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, sistema però numericamente insufficiente, nel 2013 erano previsti solo 3.700 posti che dovrebbero a breve essere potenziati a 5.000. Ma ormai anche i CARA italiani sono al limite della loro capacità recettiva e non hanno più la possibilità di inserire nuovi richiedenti asilo. Sono molte, in diverse parti d’Italia, le persone costrette ad attendere settimane o mesi prima di vedersi riconosciuto un diritto individuale. Qualora non ci sia posto né nel circuito dello SPRAR né in quello dei CARA, la legge prevede, che i richiedenti asilo ricevano un contributo economico giornaliero dalle Prefetture. Contributo che, come CIR, non abbiamo mai visto erogare.
“Pensiamo siano molto positive le parole del Ministro Alfano che ha annunciato un aumento fino a 8.000 posti dello SPRAR, ma speriamo che alle parole seguano subito dei fatti concreti. E che dai centri di accoglienza si entra e si esca con una buona continuità, senza ingolfare il sistema, per fare questo sempre di più si dovrà puntare su percorsi di integrazione che facilitino l’uscita” dice Christopher Hein.
Ma al momento, segnala i Cir, sono ancora diversi i tasselli che nel sistema italiano ad oggi non funzionano. Il diritto all’accoglienza dovrebbe scattare dal momento della presentazione della domanda d’asilo. Ma nella prassi invece in molte città il richiedente asilo viene considerato tale solo quando viene verbalizzata la domanda presso la Questura.
Questo processo in una città come Roma può richiedere anche un mese, a Caserta diversi mesi, stanno in questo momento stanno dando appuntamenti per il 2014. Inoltre in alcune questure, come quella di Roma, non viene fornita l’informazione sui diritti di accoglienza riconosciuti ai richiedenti asilo e, conseguentemente, non viene raccolta la loro necessità di avere un posto o un supporto economico. Senza questa dichiarazione non parte nessuna domanda di accoglienza per il richiedente asilo. Anche quando questa richiesta arriva alla Prefettura, in mancanza di posti disponibili tanto nello SPRAR quanto nei CARA, i richiedenti asilo vengono messi in una lista di attesa e rimangono, in alcune città, per settimane e anche mesi senza alcun tipo di assistenza. Infine le Prefetture non rilasciano nessun contributo economico a differenza di quello che prevede la legge.
“E’ evidente – sottolinea Hein – che il sistema di accoglienza italiano è al collasso, non ha più posto per inserire richiedenti asilo e sono molti anche i rifugiati che si trovano esclusi. Se non ci sono posti d’accoglienza, almeno che le Prefetture riconoscano loro, come previsto dalla legge, il contributo economico. Stiamo assistendo a una sistematica violazione della normativa e dei diritti previsti in Italia e in Europa.”
“Garantire l’accoglienza”
Il CIR chiede che sia garantito a tutti i richiedenti asilo che arrivano in Italia il sicuro accesso a forme materiali di accoglienza a partire dalla presentazione della domanda d’asilo. Che sia certo il passaggio per tutti i richiedenti asilo dalla prima accoglienza fornita nei centri governativi, che deve rispettare il limite temporale previsto dalla legge pari a un massimo di 35 giorni, a una seconda accoglienza erogata all’interno del sistema SPRAR. E’ evidente che lo SPRAR deve essere fortemente potenziato in termini di capacità ricettiva. E che il diritto all’accoglienza verso l’integrazione dovrà essere garantito per un periodo minimo di un anno dal riconoscimento della protezione, periodo durante il quale la persona dovrebbe avere accesso a un Programma nazionale per l’integrazione lavorativa, alloggiativa, sociale e culturale.
“Questi sono impegni che un Paese come l’Italia deve finalmente prendere e portare a termine. Siamo in un forte ritardo. Non si tratta di investimenti economici aggiuntivi, si tratta, semplicemente, di utilizzare in modo differente i fondi comunitari e nazionali che sono a disposizione. Invece di lavorare sempre sull’emergenza deve essere potenziato un sistema di accoglienza che possa far fronte in modo ordinario all’arrivo di richiedenti asilo e rifugiati e che li possa accompagnare verso l’integrazione attraverso percorsi strutturati. Non possiamo ogni volta trovarci impreparati e stupirci che arrivano in Italia persone in cerca di protezione. Lo scorso anno sono state presentate secondo l’UNHCR 17.312 richieste d’asilo, un numero molto contenuto se comparato con altri stati europei, ma nonostante questo il sistema non ha funzionato. Ora con l’arrivo dell’estate e il sicuro e fisiologico incremento di sbarchi non vogliamo sentir parlare nuovamente di una emergenza. Se non strutturiamo un sistema in grado di rispondere a numeri di arrivi contenuti, siamo noi che creiamo emergenze continue” conclude Hein.