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Giudici di Pace: “Espulsioni a rischio”

I magistrati onorari denunciano la disorganizzazione dei loro uffici. E incrociano le braccia per una settimana
Roma – 3 dicembre 2009 –  “Nei prossimi mesi si arriverà alla completa paralisi degli uffici dei Giudici di Pace” e quindi “all’ ineseguibilità delle espulsioni ed alla improcedibilità dei reati di immigrazione clandestina”.

È la denuncia dei giudici di pace,  che al progressivo aumento di competenze (comprese quelle sull’immigrazione), non hanno visto seguire un potenziamento degli uffici. Un assaggio della paventata paralisi lo si avrà dal 14 al 18 dicembre, durante lo sciopero della categoria indetto  dall’Unione Nazionale di Giudici di Pace.

I giudici chiedono di guadagnare di più, tutele previdenziali e rinnovo dei mandati fino a 75 anni, ma  denunciano anche una gravissima disorganizzazione . Nei loro uffici, il personale amministrativo è “carente del 50% rispetto alle necessità”, mentre l’ “irrazionale distribuzione dei giudici sul territorio” ha creato “enormi differenze dei carichi di lavoro da ufficio a ufficio (fino a 500 volte)” scrivono in una nota il presidente nazionale Gabriele Longo e il segretario generale Alberto Rossi.

Su questa situazione già complicata si è abbattuto il reato di immigrazione clandestina, che manda a processo davanti al giudice di pace chi viene pizzicato senza permesso di soggiorno. Per ora i processi non sono molti (“a Roma ne sono stati fatti una quarantina” spiega Longo), ma potrebbero diventare uno tsunami. 

Senza contare il nuovo ruolo giocato nei centri di identificazione ed espulsione: “Dobbiamo convalidare il trattenimento nei Cie, ma anche prorogarlo di volta in volta fino a un massimo di sei mesi. Senza di noi, come si faranno le espulsioni?” chiede Longo. 

EP

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