"Poco chiaro e mancano le risorse". Le critiche di Regioni, Province e Comuni
Roma – 26 novembre 2010 – “L’accordo di integrazione è poco chiaro e mancano le risorse per realizzarlo”. Sono le critiche principali mosse dagli enti locali al regolamento varato lo scorso giugno dal governo, che dovrebbe impegnare gli immigrati a raggiungere determinati obiettivi, come la conoscenza della lingua italiana, per rimanere in Italia.
Il 18 novembre, dopo vari rinvii, l’accordo di integrazione ha raccolto i pareri di Regioni, Province e Comuni riuniti nella Conferenza Unificata. È stata una debacle, se si considera che l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, otto Regioni e la provincia autonoma di Trento hanno votato contro, e anche il parere positivo dell’Unione delle Province è subordinato a numerose modifiche.
Tra le critiche mosse dalle regioni, ci sono la “mancanza di una definizione chiara della governance tra i diversi livelli nazionali e territoriali” dell’accordo. In altre parole: chi deve fare cosa? Manca poi “un chiaro impegno finanziario da parte dello Stato” e questo fa ricadere i costi su Regioni ed Enti Locali.
Si punta poi il dito sull’impatto dell’accordo sugli Sportelli Unici per l’Immigrazione, “con evidente sovraccarico di computi e impegni che mettono a rischio al qualità e lì efficienza del servizio”. Andrebbe poi garantito il funzionamento dei Centri provinciali adulti, per l’espletamento dei corsi di lingua italiana”.
Le Regioni chiedono poi un Piano Nazionale per l’apprendimento e l’insegnamento dell’italiano, rivolto agli adulti extracomunitari e finanziato dallo Sato con risorse certe e adeguate assegnate alle Regioni.
In un documento congiunto, Comuni e Provincie sottolineano che, l’”accordo presenta pochi elementi utili a una effettiva integrazione”.
Gli interventi che dovrebbero sostenere l’integrazione, come i corsi di italiano e di educazione civica, diventano “un impegno aggiuntivo a carico degli Enti locali, senza prevedere le risorse e gli strumenti necessari per la realizzazione”. Diverso è quello che succede, ad esempio in Francia, dove è il governo a pagare, con fondi europei, fino a 400 ore di corsi di lingua per ogni immigrato.
Come si potrà poi far gestire la stipula e le verifiche dell’accordo dagli Sportelli Unici per l’Immigrazione, che sono già a corto di organico e rischiano di perdere a fine anno anche i lavoratori a tempo determinato? “In mancanza di un ingente potenziamento dell’organico, si rischia di sovraccaricare gli sportelli e allungare pericolosamente i tempi per il rilascio del permesso di soggiorno”.
Comuni e province entrano anche nel dettaglio del regolamento sottolineandone le incongruenze, come quando prevede corsi di educazione civica in italiano per chi non ancora conosce la lingua, o anche passaggi apparentemente incostituzionali, come la decurtazione dei crediti a causa di condanne non definitive. Osservazioni trasformate in emendamenti al regolamento che chissà se il governo vorrà accettare.
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Elvio Pasca