Roma – 22 dicembre 2011 – Chi chiede asilo in Italia si gioca tutto durante l’intervista davanti alla commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. È quella la sliding door che può farlo rimanere qui al sicuro o rispedirlo nel suo Paese d’origine, riconsegnandolo alle persecuzioni o alle guerre dalle quali è fuggito.
Basta questa considerazione per capire quanto sia delicato il lavoro degli oltre quattrocento interpreti, per lo più stranieri, che ogni giorno affiancano i richiedenti asilo nella preparazione dei fascicoli personali che verranno esaminati dalle commissioni e, soprattutto, durante le interviste. Una traduzione fatta male può compromettere il futuro di chi magari ha attraversato il mediterraneo su un barcone, rischiando la vita per raggiungere l’Italia.
Fa quindi un certo effetto scoprire che negli ultimi tempi gli interpreti sono in agitazione e che si sono astensioni spontanee dal lavoro a Mineo, in Sicilia e a Milano, con conseguenti ritardi di traduzioni e interviste. Il problema? “Non veniamo pagati da giugno e solo pochi giorni fa abbiamo percepito i compensi di aprile e maggio” spiega a Stranieriinitalia.it uno di loro, che per paura di ritorsioni (lavora come gli altri “a chiamata”) preferisce utilizzare lo pseudonimo Danilo.
L’appalto indetto dal Ministero dell’Interno per la “gestione delle attività di interpretariato in consecutiva e di traduzione a supporto delle Commissioni Territoriali e della Commissione Nazionale” è stato vinto da Interpreti Traduttori Consorziati, cooperativa che ha affidato la realizzazione del servizio a un’altra cooperativa, Il Ponte Onlus (a sua volta socia di ITC). Quindi, il Viminale paga ITC, che paga Il Ponte, che paga i suoi soci, gli interpreti. Ultimamente, però, il meccanismo sembra inceppato.
“Qualche ritardo – racconta Danilo –c’è sempre stato, ma mai così grave. Questa situazione, oltre a metterci realmente in difficoltà, ci preoccupa soprattutto perché né ITC né il Ponte ci hanno dato risposte rassicuranti. Quando abbiamo scioperato ci hanno detto addirittura che con la crisi di governo il Viminale non pagava, ora però c’è un governo nuovo. Tra l’altro, la convenzione di ITC scade nel 2012”.
Danilo e gli altri non hanno un lavoro “comodo”. “Prendiamo tredici euro l’ora e veniamo chiamati quando serviamo, il telefono può squillare una settimana prima o anche il giorno stesso dell’intervista. Se per un periodo non ci sono richiedenti asilo che parlano le nostre lingue rimaniamo fermi. Serve molta professionalità, ma abbiamo poche garanzie, se poi nemmeno ci pagano ci viene il dubbio che approfittino del fatto che siamo per lo più immigrati”.
Gli interpreti lavorano come liberi professionisti, con ritenuta d’acconto per prestazioni occasionali o emettendo fattura. A Milano alcuni di loro si sono rivolti al NIDIL CGIL, che si occupa del lavoro atipico. “Queste persone continuano a prestare il loro servizio per le commissioni territoriali senza nessuna lettera di incarico e senza ricevere salari. Nonostante NIDIL Nazionale continui a chiedere la possibilità di un incontro Con ITC e Il Ponte questi si negano e continuano a non pagare. È sfruttamento!” denuncia Maurizio Crippa, segretario del sindacato milanese.
Contattato da Stranieriinitalia.it, il presidente de Il Ponte Onlus, Mario De Meo, getta acqua sul fuoco. “C’è stato un ritardo – spiega – perché il ministero dell’Interno ha pagato tardi. Ora le cose si sono sbloccate e in questi giorni stiamo pagando luglio e agosto, presto pagheremo anche settembre e ottobre. La pubblica amministrazione paga tardi, si sa, sono cose che succedono”.
Gli fa eco Manuela Orazi, consigliere d’amministrazione della ITC: “È il ministero dell’Interno che ha pagato tardi e di conseguenza sono arrivati tardi anche i compensi ai nostri collaboratori. Questo polverone non mi sembra giustificato. Ci sono arrivate mail protesta da un centinaio di soci, ma credo che in realtà siano state pilotate da una decina di persone”.
Danilo, però, il suo compenso ancora non l’ha visto: “Stanno pagando? Speriamo sia vero”.
Elvio Pasca