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Gli ortodossi si preparano alla Pasqua

La prossima sarà una domenica di festa per tanti immigrati. La attendono russi, ucraini, moldavi, bielorussi, bulgari, serbi, macedoni, romeni e greci

Roma – 24 aprile 2008 – La prossima domenica la Pasqua arriva anche per ortodossi e copti. La festività più importante, insieme al Natale, è anche occasione per dare spazio alle tradizioni e a far rivivere le usanze tipiche di una ricorrenza di carattere principalmente familiare. La attendono gli immigrati di fede ortodossa – originari principalmente dell’Est Europa –, russi, ucraini, moldavi, bielorussi, bulgari, serbi, macedoni, romeni, greci, ciprioti.

La Pasqua ortodossa si festeggia oltre un mese più tardi rispetto a quella cattolica perché si tratta di una festività mobile (ovvero varia a seconda del ciclo lunare) che segue, nelle due religioni due calendari diversi: quello gregoriano e quello giuliano.

Agli inizi del cristianesimo la resurrezione di Cristo era ricordata ogni domenica. Alla decisione della Chiesa di celebrare l’evento in un unico giorno dell’anno nacquero delle controversie tra le varie correnti religiose, risolte nel 325 dal concilio di Nicea. Si stabilì che tutti i cristiani avrebbero festeggiato la Pasqua nella domenica seguente alla prima luna piena dopo l’equinozio di primavera, successivamente fissata fra il 22 marzo e il 25 aprile. Nei paesi di fede ortodossa, che seguono il calendario giuliano, la Pasqua cade tra il 4 aprile e l’8 maggio. Raramente coincidono.

Il significato e l’importanza di questa festa accomunano tutto il mondo cristiano, ma le diverse culture hanno fatto sì che le tradizioni legate alla Pasqua si distanziassero nei secoli. Per gli ortodossi è il giorno per riunirsi a parenti e persone care. Tutti si perdonano e simbolicamente danno vita a un nuovo inizio privo di peccati e ostilità.

Il clima di solennità culmina con la messa celebrata nella notte del sabato che precede la Pasqua. Le chiese straripano di persone che riempiono le piazze e le vie circostanti. Tutti hanno in mano una candela accesa. A mezzanotte in punto, il “pope” (sacerdote) bussando dall’esterno per tre volte alla porta principale della chiesa annuncia “Cristo è risorto” (in greco Christos anesti, in russo Christos voskrès) e spalancandola intona l’inno della Resurrezione spargendo foglie di alloro.

La tradizione vuole che dopo la cerimonia i fedeli facciano tre giri intorno alla chiesa con le candele accese. Poi devono portarle fino a casa senza far spegnere la fiamma. Riuscirci porta bene e serve per accendere il lumino davanti all’icona che ogni fedele ha in casa. Accanto si lascia un uovo rosso, simbolo del sangue di Cristo, che verrà sostituito il giorno di Pasqua dell’anno successivo.

Una volta tornati a casa, è il momento di mangiare i tradizionali dolci pasquali con le variopinte uova sode, che vengono colorate rigorosamente il giovedì prima di Pasqua. Ogni componente della famiglia sceglie un uovo che deve battere contro quello del vicino pronunciando la frase di rito, Christos anesti (Christos Voscrès), alla quale l’altro risponderà Alithos anesti, in russo vo istina voscrès (è veramente risorto). Vince chi riesce a mantenere intatto il guscio. Questo gioco è una delle usanze più amate. Nell’iconografia cristiana, l’uovo è il simbolo della Resurrezione di Cristo e della rinascita dell’uomo. In alcuni paesi colorarlo è diventato quasi un’arte dalle tecniche particolari.

Antonia Ilinova

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