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Gran Bretagna. I laburisti propongono cittadinanza a punti: “Va guadagnata”

I laburisti propongono di tener conto dell’impegno verso il Paese dimostrato dai cittadini stranieri. Byrne: "Cittadinanza va guadagnata"

LONDRA – Un sistema a punti diventare inglesi, che premia chi contribuisce maggiormente al benessere della comunità. È la proposta di riforma della cittadinanza presentata nel Regno Unito dal ministro per le Politiche Comunitarie Ruth Kelly e il sottosegretario all’Immigrazione Liam Byrne.

Oggi per diventare cittadini del Regno Unito sono richiesti almeno cinque anni di residenza e la conoscenza della lingua e delle regole della vita quotidiana nel Paese. Con la nuova proposta, contenuta in un pamphlet della Fabian Society (il think-tank della politica laburista) che verrà pubblicato oggi, a questi requisiti si aggiungerebbe una vera e propria raccolta punti: l’attività lavorativa, i soldi che si investono nel Paese ospite e l’impegno nel volontariato sono tutti elementi che farebbero guadagnare all’aspirante britannico punti per la cittadinanza, mentre comportamenti antisociali comporterebbero la decurtazione di punti.

"Bisogna fare chiarezza nel rapporto fra il nostro Paese e i nuovi migranti – ha detto Byrne al quotidiano ‘The Times’ -. Dobbiamo fare di più per insegnare loro lo stile di vita britannico, ma deve anche essere chiaro a chi vuole fare del Regno Unito il proprio futuro, che la cittadinanza non è semplicemente una cosa che si elargisce, ma piuttosto una cosa che si guadagna". A questo proposito, i ministri hanno anche suggerito l’istituzione di un British Day nazionale, per celebrare la cultura britannica.

Byrne ha sottolineato che l’aumento continuo di nuovi immigrati e l’enorme flusso di persone dell’Est europeo ha messo in crisi la fiducia dell’opinione pubblica nel sistema dell’im migrazione. Verrà presto istituito il Migration Impacts Forum, affinché il Governo possa discutere dell’impatto dell’immigrazione sulla società britannica con insegnanti, poliziotti e medici della mutua. Critici però i lavoratori del settore pubblico, che lamentano il fatto che il Governo – in base agli accordi presi con la Unione europea – non possa mettere un freno all’immigrazione comunitaria, che rappresenta il 50 per cento del totale

(6 giugno 2007)

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