Presentato il IV Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Scarica la sintesi Roma – 13 marzo 2008 – All’inizio del 2007 c’erano circa 500mila cittadini stranieri soggiornanti nella Regione Lazio, dei quali 430mila nella Provincia di Roma: due terzi nella Capitale ed il resto nei rimanenti Comuni. Quella romana si conferma la Provincia che ospita il maggior numero di immigrati: rispetto all’anno precedente c’è stato un aumento del 21,6%, dovuto per quattro quinti a nuovi ingressi per lavoro dall’estero (in forza del decreto annuale flussi del 2006, che ha in realtà regolarizzato immigrati già presenti), per il 9% a ricongiungimenti familiari e per il 7% a bambini nati in Italia.
Sono in numeri del quarto Rapporto dell’Osservatorio Romano sulle Migrazioni, realizzato dalla Caritas diocesana in collaborazione con Camera di Commercio, Provincia e Comune di Roma e presentato oggi.
Confrontando il dato delle presenze stimate dalla Caritas con quello dei residenti, che sono 278mila, questi ultimi risultano inferiori di un terzo. Un divario – spiegano i ricercatori dell’Osservatorio – attribuibile ai tempi di perfezionamento delle pratiche di iscrizione anagrafica e alle difficoltà per i soggiornanti di trovare alloggi con regolare contratto.
Gli immigrati che vivono nell’area romana sono soprattutto donne (54.3% del totale), mentre i minori sono un quinto del totale (19,4%). Il 51,3% è originario di paesi europei, il 22,7% del continente asiatico, il 13% dell’America e il 12,8% dell’Africa: un insediamento, quindi, in prevalenza euro-asiatico. Prevale l’area dell’Europa centro-orientale (36,7%), seguita dai paesi dell’Unione Europea (14,2%) e dall’Asia orientale (13,4%). Tra le 181 nazionalità presenti spiccano per numero i romeni (22,3% del totale), i filippini (9,1%) e i polacchi (6%). Il 58% ha un permesso per motivi di lavoro, il 24,2% per ricongiungimento familiare, il 12,3% per motivi religiosi ed il 3% per motivi di studio.
I figli degli immigrati iscritti nelle scuole della Provincia sono 39.758 e incidono sul totale degli alunni per il 6,7%, un punto percentuale in più che in Italia (5,6%). Rispetto all’inserimento scolastico registrato in media in Italia, nella Provincia di Roma è più consistente la quota degli iscritti alle scuole superiori, nelle quali si registra una più alta presenza di alunne e un più frequente accesso ai licei rispetto agli istituti tecnici e professionali. La Capitale convoglia il 65,1% degli alunni di origine immigrata dell’intera Provincia, con 25.868 iscritti.
Gli immigrati sono protagonisti anche nell’economia della Capitale: 165mila lavoratori nati all’estero risultano inseriti come lavoratori dipendenti con un’incidenza di uno straniero ogni dieci occupati. Una tendenza che, secondo i dati Inail, nel corso del 2006 si è mostrata in aumento: il 24% dei nuovi assunti dell’ultimo anno risulta nato all’estero. Anche se i settori prevalenti continuano ad essere l’assistenza alle famiglie, diversi servizi nel settore alberghi e ristoranti e in altri comparti e l’edilizia, aumentano – nonostante la complessa procedure del riconoscimento delle qualifiche – anche gli impieghi maggiormente qualificati (basti pensare alle numerose infermiere immigrate nella Capitale) oltre che in quello di quello delle libere professioni.
Nell’imprenditoria, poi (dati di Unioncamere, controllati dalla Cna sulla base della cittadinanza), si registra un particolare dinamismo e al 30 giugno 2007 sono risultati iscritti alla Camera di Commercio di Roma 12.739 titolari di impresa e 4.384 soci con un inserimento più elevato rispetto alla media italiana, molto accentuato nel commercio (circa la metà del totale), nell’edilizia (24,6%) e nelle pulizie (8,4%).
Secondo Lorenzo Tagliavanti, vice presidente della Camera di Commercio di Roma, "gli immigrati sono una componente fondamentale per il tessuto sociale, ma anche economico, e non sono solo lavoratori dipendenti ma scelgono sempre di più l’impresa per realizzare le proprie aspirazioni". Per Il direttore della Caritas di Roma, mons. Guerino Di Tora, ha invece sottolineato: "Dovremmo riuscire a convincerci che non solo sarebbe ingiusto, ma senz’altro impossibile, che un immigrato lavori nelle nostre case, o nei nostri ristoranti, o nelle aziende o nei campi e poi, finito l’orario, scompaia senza andare a fare acquisti, prendere i figli a scuola, recarsi a pregare, andare al cinema, mangiare la pizza, consumare al bar, incontrare i suoi amici, insomma vivere normalmente anche al di fuori dell’ambito lavorativo".
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