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I lavoratori immigrati? Sono “complementari”

Ricerca dell’Università della California. Non tolgono il posto ai nativi, ma anzi permettono loro di avere stipendi più alti e lavori più qualificati

Roma – 4 febbraio 2011 – Negli Stati Uniti, da molti anni, è la California lo stato che più di altri accoglie più immigrati. Negli ultimi 45 anni la California è stata metà soprattutto di immigrati provenienti dal Messico e dal Centro America, arrivando a rappresentare l’8% della popolazione e in particolare sono lavoratori non qualificati.
 
Una recente ricerca di Giovanni Peri, economista del lavoro dell’università della California, ha dimostrato che l’aumento degli immigrati non ha gravato sullo sviluppo dell’occupazione tra i nativi californiani. Secondo Peri, infatti, gli ambiti occupazionali degli immigrati sono differenti da quelli dei nativi e seguono due strade diverse, dove  la maggiore differenza risiede  nel fatto che gli immigrati non parlano l’inglese. 
 
Ciò significa che la maggior parte degli immigrati, che parlano soprattutto lo spagnolo, sono sfavoriti  nella ricerca di lavori più qualificati dove è richiesta la conoscenza dell’inglese, il che rappresenta  invece, un chiaro vantaggio per i nativi che lo parlano. 
 
La differenza si riscontra anche nei settori occupazionali, dove gli immigrati, che parlano solo spagnolo, sono quasi tutti impegnati in lavori manuali e vengono pagati meno rispetto ai settori più qualificati. Per questo motivo, l’economista Peri,  descrive i lavoratori immigrati non come “sostitutivi” dei nativi ma “complementari” proprio perché vanno ad inserirsi in un area lavorativa differente.
 
Da questa ricerca, inoltre,  appare chiaro che questa divisione del lavoro tra immigrati e nativi,  ha promosso una specializzazione del lavoro che ha aumentato anche la produttività in generale, rendendo più efficiente il lavoro di ogni gruppo.
 
Secondo Mickey Kaus, giornalista di  Newsweek, il  dato preoccupante rimane non tanto la  disuguaglianza di reddito ma quella sociale tra gli immigrati e nativi; con il rischio di stratificare la società su posizioni estremizzate in cui, nel lungo periodo, sarà difficile mantenere forte il concetto di uguaglianza.
 
Marco Iorio
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