Premiati quest’anno solo ricercatori arrivati da altri Paesi. Il chimico Stoddart: “States grandi grazie alle frontiere aperte”. Tra i nobel italiani, invece, abbondano gli emigrati
Roma – 11 ottobre 2016 – Gli economisti Oliver Hart e Bengt Holmström, il chimico James Fraser Stoddart e i fisici David Thouless, Duncan Haldane e Michael Kosterlitz hanno almeno due cose in comune.
Non solo sono appena entrati nel prestigioso club dei premi Nobel, ma sono anche tutti immigrati negli Usa. Ed è solo grazie a questi “stranieri” (tutti britannici, tranne il finlandese Holmström) che gli Stati Uniti quest’anno hanno sbancato le onorificenze dell’Accademia Reale di Svezia.
“Penso che il messaggio clamoroso che dovrebbe fare il giro del mondo è che la scienza è globale” ha detto Stoddard in un’intervista al sito americano The Hill, che in un articolo ha contrapposto i quei sei nobel immigrati al giro di vite sull’immigrazione annunciato dal candidato repubblicano alle presidenziali Donald Trump.
Secondo Stoddard, premiato per le sue ricerche sulle macchine molecolari, l’establishment scientifico americano rimarrà forte “finché non entreremo in un’era in cui giriamo le spalle all’immigrazione” e l’America “oggi è quello che è in gran parte grazie alle frontiere aperte”. Dovrebbero quindi continuare ad “accogliere persone da ogni parte del mondo, incluso il Medio Oriente”.
In Italia, invece, è tutta un’altra storia.
Finora il nostro Paese, evidentemente poco attraente per i cervelli stranieri, conta solo un Nobel immigrato: Daniel Bovet, nato svizzero ma naturalizzato italiano che nel 1957 vinse il premio per la medicina. Lunghissima invece la lista degli italiani arrivati al Nobel solo dopo essere emigrati: Gugliemo Marconi, Enrico Fermi, Emilio Segrè, Salvatore Edoardo Luria, Renato Dulbecco, Carlo Rubbia, Franco Modigliani, Rita Levi Montalcini e Riccardo Giacconi.
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