Roma – 25 novembre 2011 – Mentre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una delle vittima di questa barbarie è rinchiusa nel centro di identificazione ed espulsione di Bologna. Si chiama Adama, è senegalese, ed è finita nel Cie di via Mattei il 26 agosto scorso. Ce l’hanno portata i carabinieri che lei stessa aveva chiamato dopo essere stata derubata, picchiata, stuprata e ferita alla gola con un coltello dal suo ex-compagno.
“Le istituzioni hanno risposto alla sua richiesta di aiuto con la detenzione amministrativa riservata ai migranti che non hanno un regolare permesso di soggiorno” denunciano le associazioni Migranda e Trama di Terre, che hanno lanciato un appello in rete perché venga liberata e le sia concesso un permesso di soggiorno “che le consenta di riprendere in mano la propria vita”. Qui le adesioni.
Adama, raccontano, è arrivata in Italia illegalmente ed è stata aiutata a trovare casa e lavoro dall’uomo che sarebbe diventato prima il suo compagno, quindi il suo aguzzino. Minacciandola di denunciarla e di farla espellere, le prendeva parte dello stipendio e la obbligata a sottostare al suo volere, fino all’ultimo episodio di violenza che ha spinto la donna a chiamare le forze dell’ordine.
“L’avvocato ha presentato il 16 settembre una richiesta di entrare nel CIE accompagnato da medici e da un interprete, affinché le sue condizioni di salute fossero accertate e la sua denuncia per la violenza subita fosse raccolta. La Prefettura di Bologna ha autorizzato l’ingresso dei medici e dell’interprete il 25 ottobre. È trascorso più di un mese prima che Adama potesse finalmente denunciare il suo aggressore, e non sappiamo quanto tempo occorrerà perché possa riottenere la libertà” si legge nell’appello.
“Ogni giorno – esortano Migranda e Trama di Terre – è un giorno di troppo. Sappiamo che la violenza che Adama ha subito, come donna e come migrante, riguarda tutte le donne e non è perciò possibile lasciar trascorrere un momento di più”.
Sul caso è intevenuta anche la direttrice del Cie di Bologna, Annamaria Lombardo: “Non siamo noi – ha spiegato – che possiamo decidere quando questa donna potrà uscire, spetta all’autorità giudiziaria che deve fare le verifiche e comprovare la sua denuncia. Quando sarà riconosciuta la veridicità della sua storia uscirà e sarà tutelata in una struttura protetta e contemporaneamente sarà avviato il processo di regolarizzazione”.
La direttrice si augura “che questo avvenga in tempi brevi, anche per noi sarebbe un bel traguardo che questa donna possa uscire presto. Nel centro Adama, come tutte le persone che vivono situazioni di questo tipo, è comunque assistita da psicologi e noi stessi abbiamo favorito l’ingresso dei medici e dell’avvocato” ha comunque assicurato la direttrice.