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Il decreto flussi non funziona: nel 2024 meno di un lavoratore su dieci riesce a regolarizzarsi

Roma, 21 febbraio 2025 – Nonostante le numerose modifiche normative, il decreto flussi continua a dimostrarsi inefficace: su quasi 120.000 quote di ingresso assegnate lo scorso anno, solo 9.331 domande si sono concretizzate in permessi di soggiorno e impieghi stabili. Questo significa che l’87% delle persone che hanno presentato domanda per le quote disponibili nel 2023 non ha ancora ottenuto un permesso di soggiorno, rimanendo in una condizione di incertezza lavorativa e giuridica.

Un sistema complesso e inefficiente

Il sistema prevede un iter lungo e farraginoso che ostacola tanto i datori di lavoro quanto i lavoratori stranieri. Il principale problema risiede nei ritardi burocratici tra la richiesta di assunzione e l’arrivo effettivo del lavoratore in Italia. Questo cortocircuito colpisce in particolare il settore agricolo, dove la tempistica è cruciale: un datore che ha bisogno di manodopera per la raccolta delle fragole non può aspettare mesi per l’arrivo dei documenti, col risultato che i lavoratori arrivano quando ormai il raccolto è compromesso.

Se l’aspirante lavoratore riesce ad ottenere il nulla osta e il visto dall’ambasciata italiana, ha sei mesi di tempo per trasferirsi. Una volta giunto in Italia, entro otto giorni deve attivare il contratto di soggiorno in prefettura con il datore di lavoro, avviando così la richiesta per il permesso di soggiorno. Tuttavia, una recente semplificazione normativa ha introdotto la possibilità di attivare il contratto di lavoro anche solo con il nulla osta, senza completare la procedura per il permesso di soggiorno. Questo ha generato nuovi problemi: molti datori di lavoro non finalizzano l’assunzione, lasciando i lavoratori stranieri in una condizione di irregolarità.

Tra truffe e sfruttamento

Un’altra grave criticità è rappresentata dalle truffe a danno degli aspiranti lavoratori. Falsi imprenditori attivano richieste di assunzione fittizie in cambio di migliaia di euro, lasciando i lavoratori senza un impiego una volta arrivati in Italia. Il settore agricolo è il principale ambito in cui si verificano questi episodi di sfruttamento, come evidenzia il sociologo Marco Omizzolo di Eurispes: “Sono centinaia le persone immigrate che si sono ritrovate senza impresa perché inesistente o con il relativo imprenditore che non voleva più assumerli, dopo aver percepito illegalmente migliaia di euro”.

Inoltre, il decreto flussi scoraggia le denunce da parte dei lavoratori sfruttati. Per ottenere un permesso di soggiorno, le vittime devono infatti contribuire all’individuazione dei responsabili dello sfruttamento, un processo lungo e rischioso che dissuade molti dal denunciare i propri aguzzini.

Un piccolo passo avanti nel lavoro domestico

Dal 2023, il decreto ha introdotto quote di ingresso specifiche per il lavoro domestico, permettendo a un numero maggiore di lavoratori di regolarizzarsi. Tuttavia, il sistema presenta ancora forti incongruenze: molti di coloro che accedono a queste quote sono già impiegati in Italia e riescono a ottenere un contratto regolare solo uscendo dal Paese e rientrando per ottenere un permesso di soggiorno. “Il paradosso – sottolinea Giulia Gori, portavoce della campagna Ero Straniero – è che l’attuale sistema impedisce a chi lavora da tempo in nero in Italia di regolarizzarsi”.

Una riforma necessaria

Il decreto flussi, così com’è strutturato, non riesce a garantire un accesso regolare e sicuro al mercato del lavoro per i migranti, favorendo invece fenomeni di sfruttamento e precarietà. Serve una riforma profonda che semplifichi le procedure, garantisca tempi certi e protegga i lavoratori da abusi e truffe. Fino ad allora, il sogno di una regolarizzazione per migliaia di lavoratori stranieri rimarrà solo un miraggio.

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